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Presentato nella sezione panorama, al cinquantatreesimo festival internazionale di Berlino, Pater Familias di Francesco Patierno, è un film che racconta le storie di giovani napoletani. La pellicola utilizzata è un super16mm che, unita alle riprese molto mosse in stile Dogma, dona al film un dinamismo ed un aspetto sporco che bene si adatta alle tematiche trattate. Il protagonista è Matteo, interpretato dal giovane Luigi Iacuzio. Matteo torna a Giugliano dopo un lungo periodo di lontananza per il funerale del padre e, girando per le strade, ricorda tutti gli avvenimenti che si era lasciato alle spalle. Un suo amico era stato ucciso durante una rapina, un altro è caduto da un palazzo terremotato, Geggè si uccide perché il padre gli ha portato via tutti i risparmi, Michele viene ucciso da alcuni balordi per aver difeso una ragazza. Rosa è la moglie che sopporta a stento un matrimonio con il marito Giovanni che la umilia continuamente. Anna è la fidanzata di Matteo che viene violentata dal fratello geloso e vendicativo. Dopo essere stato per tanto tempo il testimone passivo di questi terribili episodi, Matteo decide di reagire. Un film decisamente realistico su di una realtà di sottocultura proletaria che spesso viene dimenticata ingiustamente. Tutti gli attori recitano in napoletano stretto ma i sottotitoli in italiano aiutano a seguire una serie di storie che siamo abituati a leggere in brevi trafiletti sulla cronaca nera. Le storie sono tutte vere e dobbiamo la possibilità di conoscerle all’autore del libro omonimo, Massimo Cacciapuoti il quale ha collaborato alla sceneggiatura. Al fine di rispettare il principio verista alla base di questa esperienza cinematografica, il regista ha deciso di “rubare” alcune scene come quella della rapina al supermercato che ha rivolto contro la troupe l’ostilità della folla esposta a questo singolare scherzo. Nessun tipo di controfigura per gli attori che si sono esposti a schiaffi, calci e sputi. Passato e presente vengono sottolineati dall’autore con l’utilizzo di una temperatura di colore più fredda per il presente e più calda per il passato. Non solo. Patierno sottolinea questa differenza affidando alla m.d.p. movimenti lineari e composti nelle riprese che riguardano il presente, mentre per il passato si affida a movimenti come già accennato, molto mossi. L’effetto è stato ottenuto montando una borsa per l’acqua calda piena di sabbia sulla testata del cavalletto. Che Patierno conosca il suo mestiere è ribadito continuamente dalle riprese di cuccioli abbandonati a sé stessi all’interno di scenari desolanti e dall’utilizzo continuo all’interno dell’inquadratura di strutture geometriche che ricordano le sbarre di una prigione. La lezione del migliore cinema è più che palese nella sua scelta di sintetizzare il messaggio, l’emozione, il senso del suo racconto in immagini di indubbia forza. Ottime le interpretazioni di tutto il cast. A Patierno va il merito di aver dato voce ad un popolo che soccombe alla violenza, all’ignoranza ed alle ingiustizie. Un film coraggioso ed indipendente che nonostante contenga alcune approssimazioni tecniche, resta nel cuore dello spettatore grazie ad un forte realismo. |
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Fabio SAJEVA |
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