
"Johnny si alzò con il fucile di Tarzan e il semiautomatico..... Due mesi
dopo la guerra era finita."
Si conclude così il romanzo di Beppe Fenoglio trasformato ora in un movie.
IL PARTIGIANO JOHNNY approda nelle sale italiane nella sua rielaborazione
cinematografica di Guido Chiesa che, dopo I ventitré giorni della città
di Alba, ritorna dietro la macchina da presa per un progetto impegnativo
e rischioso.
Sfidando la notorietà di un romanzo annoverato nella letteratura d'impegno
del nostro archivio culturale, Chiesa riporta sugli schermi la resistenza
che segnò profondamente il secondo conflitto mondiale.
Studente di letteratura inglese, Johnny torna ad alba dopo l'8 settembre.
Nonostante la diserzione sente l'esigenza di unirsi alla lotta partigiana
entrando a far parte così di gruppi di lotta delle Langhe. Da questo momento
avrà inizio per lui un viaggio tragico attraverso gli orrori di una guerra
disumana e i forti legami che la paura e la consapevolezza fanno nascere.
Interpretato da Stefano Dionisi e da una lunga schiera di attori Pradon,
Umberto Orsini, Chiara Muti, Claudio Amendola e Cederna, il film si avvale
della sceneggiatura di Chiesa e Leotti e delle musiche di Balanescu.
Chiesa muove contro l'inattualità per dare sfogo al desiderio di autenticità
in grado di raccontarci quelle piccole grandezze che possono aiutarci
dinanzi la mediocrità del domani che ci attende. Ma nonostante il nobile
intento il film non segue il ritmo appassionato e straziante dell'opera
fenogliana.
Con il puntiglio paziente e sempre insoddisfatto che gli era tipico, il
partigiano Fenoglio aveva creato un commovente autoritratto presentando
una splendida prova da scrittore. Johnny è nel romanzo la figura centrale
di una lotta partigiana, straordinaria per la ricchezza di eventi ed eventi,
novità espressiva e forza documentaria. Quest'ultimo uno dei pochi aspetti
rispettati dalla trasposizione di Chiesa che abbandona invece gli elementi
essenziali che resero grande il romanzo: la dolente partecipazione e l'ironico
distacco, lo scontroso pudore e la stoica resistenza che si tramuta in
una virile malinconia.
Johnny muore e risorge come ulisse moderno condannato ad un irrefrenabile
capitolare sulle colline della guerriglia. chiesa non coglie a fondo l'intensità
di questo travaglio interiore ed anche quando si sofferma non percepisce
a pieno le vibrazioni dell'animo di un uomo deciso al sacrificio. Tanto
più la sofferenza cresce ancor più si fa allettante la lusinga della vita
e della natura di casa, un paesaggio amico che gioca il ruolo di antagonista.
Quel sottile filo conduttore che unisce l'evento alla moralità, la novità
alla volontà di reagire, la passione all'intensità di un conflitto e che
nel romanzo segue sempre una sua continuità, purtroppo nel film appare
come una linea spezzata.
I vuoti tecnici e cinematografici non rendono giustizia alla vicenda creativa
di una scrittura sostanziosa. Rimane comunque il desiderio di Chiesa di
voler descrivere le ragioni di una rivolta ideale non prefigurando però
(al contrario di Fenoglio) i più puri ed attuali eroi del dissenso.
Voto: 25/30
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