"Siamo nell'estate del 1968, e Michel ha dieci anni. Da quando aveva due
anni vive con la nonna. Abitano da soli, a Charny, nell'Yonne, vicino al
confine del Loiret. Al mattino si alza presto per preparare la colazione
alla nonna; ha redatto una scheda apposita, con su indicato tra l'altro il
tempo esatto di infusione del thè e il numero di tartine" (dal quinto
capitolo del libro di Michel Houellebecq, "Les Particules Elementaires").
La ricchezza della scrittura dell'autore francese, nuovo dio amato-odiato
della letteratura d'oltralpe, sta tutta in queste poche righe: mania del
dettaglio significante, a metà tra Robert Musil (l'approccio saggistico) e
Bret Easton Ellis (!), dove la connotazione puntigliosa e mai gratuita
dell'ambiente reale e etico entro cui vediamo muoversi il protagonista, poi
sdoppiato nella figura del fratello, è indispensabile a definire lo sguardo
gelido dell'entomologo
Houellebecq.
La formazione scientifica e il disincanto dello scrittore, passato
attraverso incommensurabili travagli esistenziali, sono alla base della
continua rivisitazione di ordinarie tragedie quotidiane, condivise con una
non meno disperata umanità devitalizzata e stanca, fatta di travets
kafkiani, carrieristi senz'anima ed un'inquietante universo femminile, dal
quale l'uomo senza qualità
M.H. è costantemente escluso.
Il peccato originale agito dalla madre dello scrittore, hyppie
sessantottina, al momento dell'abbandono del figlio (il fatto ritorna
autobiograficamente nel testo), è la causa scatenante reazioni a catena
verso un'atroce idea delle donne: si va dalla sottomissione alla vendetta,
con oasi di amore acritico verso la nonna-allevatrice, sino a pulsioni
estreme (ecco l'affinità con l'autore di "Glamorana" e "American Psycho").
La grandezza della scrittura di H. sta,
peraltro, proprio nella sottile ma sostanziale differente prospettiva
"punitiva", rispetto a Ellis, verso la donna,
altro
per eccellenza.
Se la matrice psicanalitica dell'americano sta tutta nella presenza-assenza
della figura paterna, Hoeullebecq è agli antipodi, abbandonato dalla giovane
hyppie in fuga verso paradisi mentali cui il sensibile "calimero" francese
contrappone la rigidità piatta di studi d'ingegneria agricola (!) e l'odio
viscerale per l'idea di condivisione multipla degli affetti (si veda, a
questo proposito, il ribaltamento-specchiamento delle comuni dell'amore
libero nello scambismo di gruppo messo in scena nel film).
Il vitalismo machista di Ellis-Bateman e la sua coazione a ripetere gli
errori del padre libertino (quello vero, morto giovane dopo l'atto sessuale
con una ragazzina), non stratificano alcuna forma di odio reale verso
l'altro sesso, che è un semplice
incidente di percorso
all'interno di un processo volto esclusivamente a recuperare l'amore paterno
del capofamiglia ripetutamente autoeliminatosi dalla vita del figlio.
Ellis, almeno sino all'uomo adulto dello splendido LUNAR PARK, letteralmente
non "vede" la donna, non ne contempla esigenze e specificità, concentrato
com'è nel dimostrarsi all'altezza del padre, agendo una compulsiva
collezione di
corpi/corpses
femminili, accumulati ma non "giudicati".
Bateman è risucchiato dall'universo femminile, che lo
desidera
e lo
ama;
Michel/Bruno di LES PARTICULES ELEMENTAIRES, invece, sono costantemente
rifiutati, scarsamente desiderati dalle donne (madri, colleghe, conoscenti),
disperatamente messi in un angolo e lì dimenticati.
Il cogitare ipertrofico e risentito di Houellebecq attorno all'altro sesso,
produce una stasi dell'azione opposta al detto vitalismo ellisiano, e, al
contempo, predispone lo sguardo, freddo e analitico, ad una ridicolizzazione
impietosa di ogni azione abortita dagli umani che popolano il suo universo.
Ne risulta un saggio di crudeltà assoluta, dove il tecnicismo nozionistico e
l'accumulo d'informazioni coinvolgono il lettore al punto da allontanarne
l'interesse rispetto ad una trama, volendo, innecessaria, di fronte a una
scrittura strepitosa.
Il film, come troppo spesso accade, scarnifica invece tutta questa materia e
si tiene solo il
racconto.
Michel e Bruno, scienziato asessuato e cerebrale vergine quarantenne il
primo, professore onanista e disturbato maniaco sessuale il secondo, cercano
entrambi di recuperare l'amore materno seguendo vie opposte: lo scienziato
di biologia molecolare sogna la clonazione degli esseri umani e
l'eliminabilità dell'atto riproduttivo, mentre l'altro si riduce a
frequentare prostitute e nudisti tardo-new-age.
Gli esiti saranno prevedibilmente opposti, con tanto di melò finale (Michel,
atteso virginalmente da una compagna di scuola), rimbalzi tra punizione e
redenzione (Bruno) e vago sentore di morale strisciante.
In un periodo in cui siamo sommersi dagli adattamenti di testi
contemporanei, una delle attitudini peggiori del cinema attuale, sempre alla
ricerca di saldi appigli (remake, spin-off, film tratti da videogame) per
eliminare o ridurre al massimo i rischi di investimenti su
sceneggiature/registi/idee privi di background, siamo sopravvissuti ad un
poker di pellicole variegato, dal quale si sarebbero potuti ricavare almeno
tre capolavori, mentre ce ne rimane in mano solamente uno: le FALSE VERITà
di Egoyan.
Lasciando perdere il CODICE DA VINCI, materia urticante da trattare a parte,
e il pessimo CHIEDI ALLA POLVERE, LE PARTICELLE ELEMENTARI sostanzialmente
delude. Houellebecq, nella realtà e nella pagina scritta, appare come un
intelligentissimo sezionatore di anime, mosso dall'odio distaccato e mai
dall'empatia, sempre intento a compiere un'autopsia dei sentimenti, tanto
che, se diamo retta ai vari gossip, il suo privato si dividerebbe tra il
bucolico
retiro
coniugale in Irlanda e una schizofrenica vita professionale da satrapo
perennemente
harassed
(si narra di giornaliste molestate e di documentari-saggi sul turismo
sessuale, vissuti con vendicativa partecipazione).
Un artista così controverso, quasi un Camus che attraverso Musil vorrebbe
essere Bukowski e avere il successo di Easton Ellis, raccontato da cronisti
e amici come costantemente depresso e deprimente, avrebbe meritato altro
trattamento (e altro adattamento). Cronenberg, ad esempio.
(E pensare che qualche buontempone sessantenne passato dalla spazzatura
televisiva di Mediaset alla spazzatura dei "libri" da ombrellone - anch'egli
satrapo di fama - si è permesso di accostare il proprio insulso nome a
quello del regista canadese a proposito di impossibili adattamenti
sponsorizzati da produttori altrettanto avventati e dal passato molto
trash).
Come avrebbe reagito il povero Houellebecq, vedendo Cronenberg scippato da
un signor nessuno e costretto a ripiegare su Oskar Roehler? "Per cominciare,
Bruno ordinò filetti d'aringa. Si disse che adesso era pronto a tutto; ma
subito dopo si rese conto che stava esagerando. Nel suo cervello sì, le
possibilità rimanevano tante: poteva identificarsi con un topo di chiavica,
con una saliera, con un campo magnetico; ma in pratica il suo corpo restava
preso in un processo di lenta distruzione (...)".
Voto: 20/30
23/05/2006 |