PANIC
di Henry Bromell
Con  William H. Macy, Nave Campbell, Donald Sutherland



Alex, uomo di mezza età dall'indole timida e dall'aria un po' impacciata, per vivere fa il killer al servizio di suo padre. Si sente infelice e si rivolge ad uno psicanalista grazie al quale riesce a far emergere l'origine dei suoi problemi, un conflitto irrisolto con il padre-padrone, colui che lo ha iniziato fin da ragazzino alla professione di assassino. Così, tra la routine familiare - le gioie che gli dona il figlio, i problematici rapporti con la moglie che forse non ama più - e una relazione extra-coniugale con la giovane e disturbata Sarah, le sedute procedono non senza difficoltà fino a quando Alex viene chiamato dal padre a svolgere una nuova missione, ed il bersaglio questa volta è proprio il suo psicanalista...
Non un vero e proprio noir, dunque, come faceva presagire il trailer passato in televisione, ma un drammone  familiare duro e puro, dalla messa in scena essenziale, giocato su pochi luoghi e pochi personaggi e più interessato all'introspezione psicologica che all'evoluzione degli eventi. Il nodo centrale è ovviamente rappresentato dal conflitto  interiore di Alex, generato dal rapporto disturbato con un padre nemmeno all'apparenza mansueto (ma in questo caso nemmeno la madre scherza) di cui subisce la forte personalità fin da quando da ragazzo gli veniva insegnato come si uccide una persona nel modo più veloce e sicuro ed egli obbediva ciecamente alle richieste paterne con dei ripetuti "sissignore". Evidentemente non paghi della lezione data da film come AMERICAN BEAUTY o HAPPINESS - solo per citarne due recenti- gli indipendenti americani perseverano nell'opera di  demolizione filmica dell'istituzione familiare, mai come oggi ricettacolo di perversione e di deriva morale - peraltro  ben celata dietro una facciata di borghese perbenismo - in cui ormai può capitare di avere dei genitori che gestiscono con assoluta nonchalance una "anonima omicidi" come se si trattasse di un frutta e verdura, interessati a tramandare il totale disvalore che permea le loro vite alle generazioni future, oltre alla gestione dell'azienda. E a rendere ancora più fosco il panorama ogni tentativo di dialogo intergenerazionale sembra interdetto, comprese quelle violente sfuriate familiari così liberatorie e tanto care ai Sundance-movies, in cui vengono una volta per tutte alla superficie tutti i nodi dolenti. Ma questo, sembra dirci la morale della storia, vale per persone con la  coscienza sporca, non per i "vecchi" di PANIC che sembra che la coscienza non ce l'abbiano proprio. Non del tutto risolto a livello narrativo, con un crescendo drammaturgico prevedibile e stiracchiato, fiacco nella caratterizzazione dei personaggi di contorno, questo film scritto e diretto da Henry Bromell, al di là di una discreta confezione non ha molto da aggiungere a quanto è stato gia detto sull'argomento dai suoi illustri predecessori cinematografici e non sviluppa a dovere le poche intuizioni originali proposte dalla sceneggiatura. All'attivo bisogna comunque segnalare il buon lavoro svolto dal cast: William H. Macy che regge il film sulle sue spalle, con la telecamera che tallona da vicino tutti i contorcimenti del suo animo;  Barbara Bain (chi si rivede, la dottoressa Russel di SPAZIO 1999) nel ruolo della madre ultra-intransigente; Nave Campbell, brava anche lei ma francamente la sua parte sembra imbastita per far arrivare la pellicola ai novanta minuti di ordinanza; l'inossidabile Donald Sutherland, negli ultimi anni mai sufficientemente sfruttato dal cinema che conta.

Voto: 23/30

Loris SERAFINO
12 - 09 - 01


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