L'ORA DI RELIGIONE
di Marco Bellocchio
con Sergio Castellitto e Chiara Conti



L'esistenza tranquilla di Ernesto Picciafuoco - pittore e illustratore di professione, ateo convinto, con alle spalle un matrimonio in crisi e un figlio che alle elementari ha deciso spontaneamente di frequentare "l'ora di religione" - viene sconvolta quando viene informato che nei confronti di sua madre è ormai in fase avanzata un processo di canonizzazione. Si viene a sapere che ad uccidere la madre era stato anni prima proprio un fratello di Ernesto affetto da gravi problemi psichici e che a fare la richiesta di beatificazione sono stati gli altri fratelli e familiari del pittore i quali - chi più, chi meno - sembrano tutti principalmente interessati al molto più terreno tornaconto di immagine che deriverebbe dalla santificazione della donna piuttosto che motivati da sentita fede religiosa. A rendere ancora più complicata la vita di Ernesto ci si mettono nell'ordine: un anziano conte nostalgico della monarchia che lo sfida ad un duello all'arma bianca, i precoci dilemmi esistenziali del figlio - che si pone già complicate domande sull'esistenza di Dio e sulla morte - e il colpo di fulmine per la di lui "sedicente" maestra di religione. Dopo alcuni film di ispirazione letteraria e a quasi quaranta anni dal suo capolavoro riconosciuto I PUGNI IN TASCA, Bellocchio torna a dirigere un film destinato a far discutere, a scandalizzare e a dividere. Quello che dalla critica di matrice cattolica è stato spacciato per un "sgangherato pamphlet" anticlericale è in realtà una dolorosa e personale riflessione sull'ipocrisia imperante nella nostra società. Ernesto Picciafuoco - ateo - sembra l'unico uomo rimasto sulla terra disposto ancora a credere in ciò che pensa, mentre intorno a lui sfilano voltagabbana senza dignità che per approfittare della situazione rinnegano, come nulla fosse, se stessi e il proprio passato. Queste figurine di contorno danno vita ad una sorta di carosello tragicomico in cui il protagonista si ritrova invischiato suo malgrado; avvicinato da uomini di Chiesa (trasfigurata come istituzione paludata e distante), braccato da una famiglia borghese soffocante e trafficona, costretto a fare i conti con se stesso e con una intera generazione che non sa più distinguere "cosa è bello e cosa è brutto". Il laicismo "urlato" di Bellocchio merita rispetto, così come è da lodare la coerenza con cui porta avanti il suo discorso fino in fondo (e che non si ferma nemmeno davanti ad una tremenda, quanto "inevitabile", doppia bestemmia), forte anche di uno stile meno "pesantemente" autoriale rispetto agli ultimi film da lui diretti. Al buon risultato del film concorrono anche la bravura del cast - Castelletto in primis, perfetto "alter ego" del regista - l'ottima fotografia di Pasquale Mari e la splendida colonna sonora realizzata da Riccardo Giugni. Da menzionare anche la breve apparizione di Toni Bertorelli nei panni del Conte Bulla che sfida Ernesto in un surreale duello di fioretto e il breve cameo dello stesso Bellocchio.

Voto: 28/30

Loris SERAFINO
20 - 04 - 02


::: altre recensioni :::