ONDE

di Francesco Fei
Con Anita Caprioli, Ignazio Oliva

di Gabriele FRANCIONI


Saper ascoltare le immagini o, alternativamente, saper vedere il suono.
 

Rileggere, reinventare, ribaltare la qualità e la natura dei cinque sensi, o solo di alcuni - quelli più direttamente legati alla percezione indotta dall'esperienza/cinema - con l'intenzione"aperta" e libera di superare i confini segnati dalle abitudini del nostro corpo-strumento.

I titoli di testa scorrono (scorrere, "rein", come acqua) e, letteralmente, generano ONDE. Inizialmente sono le onde del mare, prima ascoltate e poi immaginate-viste, nel ricordo-sogno della protagonista (Anita Caprioli in una delle sue prove più intense); successivamente saranno onde sonore, per il compagno di lei, musicista cieco (interpretato da Ignazio Oliva).


"Lifeboat 10" - "Scialuppa di salvataggio n. 10".
Le prime immagini - ancora all'interno del "traum" di Anita - sono quelle di una soggettiva, prima rallentata, poi sempre più accelerata, sul ponte di una nave deserta, di notte. Un bianco accecante, mentale: la nave. Un nero che è il "non vedere", liquido e assoluto: la notte.
Usciamo e rientriamo in un oblò (l'Occhio).
La corsa e i battiti aumentano/ rumore di fondo/ il respiro di chi corre.
Suono e sguardo intimamente connessi, subito collegati tra loro.

Stacco improvviso: primissimo piano di una mano che legge in Braille (tatto per la vista).
Una lampadina si spegne e torniamo a "guardare" attraverso un altro occhio. Seguiamo il ragazzo cieco dentro un appartamento, presumibilmente di notte: lui tocca le pareti, che gli restituiscono altri segnali in un'altra forma di Braille.
Musica elettronica in sottofondo (che non è tale, cioè non "sottofondo" - dietro/ sotto - ma è su un piano parallelo).
Altro stacco: il letto di lei, primo piano del viso e della voglia che le copre la guancia sinistra.
Passiamo in cucina, è giorno: lui le prepara la colazione, ma l'incontro tra i due (lei è appena uscita dal NERO momentaneo del traum/sogno, lui è sempre immerso in quel buio) presto si trasforma in un litigio secco e senza indugi.
"Tu stai con me perché ti faccio pena, perché sono cieco! Sì, certo, lasciati passare tutto addosso!".

Ora la ragazza è in metropolitana, dove incontra sguardi ostili. Entriamo in galleria.
Il nostro vedere comincia a frammentarsi, man mano che seguiamo i percorsi di Francesca, fuori e dentro se stessa.

L'inizio di ONDE è un'esposizione lucidissima dei temi contenuti nel film e l'indicazione precisa per un modo innovativo di fare cinema, all'interno del quale l'aspetto narrativo non può mai prescindere da una costruzione del senso attuata anche attraverso l'uso della banda sonora. Un cinema che fa ascoltare le immagini e vedere il suono. Francesco Fei, oltre a una storia d'amore, dà vita ad un oggetto d'arte acustica e visuale nel quale dobbiamo abbandonarci, senza peso ma con massima attenzione e sviluppo dei sensi.Il regista dissemina la pellicola di tracce-segnali-indicazioni-vibrazioni-linee di forza atte a guidarci entro una "griglia" da leggere in maniera ipertestuale, avanti/ indietro, sopra/ sotto.
Siamo presi dentro una rete (net), in un "campo" dove le nostre antenne captano molti segnali, alcuni forti alcuni meno, entro i quali scegliere con libertà.
Grazie a raccordi che tali non sono (non sono raccordi narrativi, ma interpolazioni visive), recepiamo input nuovi, che, al massimo, suggeriscono un segnale a favore di un altro.Sono, tali interpolazioni, quasi delle "immagini sonore fuori campo" che agiscono subliminalmente, in sostituzione di una più prosaica (e univoca) voce narrante.
Questa altro non è che innovazione del linguaggio (non verbale).
Uno squarcio di cielo ritagliato tra i tetti delle case di Genova - dove si sviluppa(no le) ONDE - può essere una di queste interpolazioni, sempre accompagnata da un improvviso picco del diagramma acustico, rappresentato da una nota ribattuta o una sequenza che si blocca in corrispondenza ad un aumento del volume (tastiere elettroniche).
Spesso intervengono in una fase rem di Francesca, sempre in bilico tra sonno e veglia. Lei, vero e proprio ricettacolo di stimoli esterni, cade nel "traum" o è chiamata fuori da esso appena uno squillo o una risata provenienti dal mondo reale ne alterano la percezione momentanea.
Molto bello il punto in cui, mentre la compagna di casa fa sesso nella stanza accanto, Francesca/Anita viene ricollocata nella dimensione del ricordo grazie al ridere di quella, che funge da innesco: m.d.p. dal basso, le risa canzonatorie dei compagni per la voglia sul viso di lei bambina e fuga disperata per le viuzze di Genova.
Improvviso e momentaneo sognare ricordando.
Poi, stacco acustico quando un campanello suona: ecco che transitiamo, dopo una brevissima inquadratura del citofono, di nuovo sul ponte della nave d'inizio film. Come ne LA NINA SANTA di Lucrecia Martel - opera distantissima da ONDE - lo spazio filmico è abitato da corpi reagenti alle stimolazioni multisensoriali e funge da cassa di risonanza perennemente predisposta a recepire ogni piccola variazione proveniente dall'esterno o dall'interno di esso.
Abitiamo, anche noi, un continuum che ci intrappola entro la "rete".

Luca è un musicista cieco, Robert Fripp del terzo millennio, generatore di suoni anomali, discreet music, loop e feedback. Ha subìto il distacco irreversibile della retina, ma un medico lo ha salvato facendogli ascoltare musica per clavicembalo, tendendogli una corda nel buio. La volontà "inconscia" ha agito in funzione vicaria, evitandogli la pornografia visiva contemporanea: viadotti, ripetitori, discariche, aeroporti, sopraelevate. Luca interagisce col mondo per via tattile e acustica, recependo le vibrazioni emesse dai corpi e dalla materia inerte, leggendo con le dita le convessità e concavità, in un braille di muri scrostati, oggetti domestici, vecchi registratori Teac a quattro piste.

Francesca ha una voglia sul viso, bellissimo e melanconico. è tutta spigoli, convessità dell'animo difficili da smussare. Passa da un lavoro all'altro, irrequieta, tormentata e condizionata da ciò che la rende diversa (e più sensibile). Cinetica, vive in un movimento perpetuo diverso dalla stasi coatta di Luca: treni, metropolitana, aeroporti...
Quella che è la geografia invisibile a lui, che la ripensa in forma di bel paesaggio, è il luogo dell'entelechia di lei.
Luca è a posto con se stesso, Francesca no. Ciò che la problematizza è la possibilità di vedere. Luca ascolta onde sonore, lei ricorda il suono delle onde del mare e le vede ("da bambina per diventare invisibile mi tappavo le orecchie"), in una Genova passata, pulita, dai colori non alterati.
La loro è una simmetria sghemba, comunque dotata di un centro, che è il loro incontro. L'avvicinamento è un'altra versione psichica del braille: sfioramenti, carezze, letture cadenzate della pelle e dei capelli.
I due si (ri)conoscono per le rispettive "anomalie" e lentamente si amano, sino alla routine.
La crisi interviene quando un elemento esterno, l'amico Alex, il falso comunicatore (ha una lieve balbuzie), organizza l'inganno di una mostra multimediale cui Francesco presta musiche concepite senza un fine, inassociabili ad alcunché. Spot televisivi, volgarità mediatiche destinate a corrompere la purezza di quel suono. Francesca interviene con decisione, regalando la vista all'uomo che ama, raccontandogli il mondo per quello che è e trascinandolo via da quella "atrocity exhibition".

La scrittura multimediale di Fei tende ad eludere, giustamente, ogni richiesta di chiarimento.
La materia che viene lavorata vede accostarsi temporalità e prospettive differenti, senza focalizzazioni di alcun tipo.

Voto: 25/30

11:05:2005

 

recensione tratta dallo "Speciale Onde", di nuovo disponibile in Home Page

ONDE

Regia: Francesco Fei
Anno: 2005
Nazione: Italia
Data uscita in Italia: 21:04:2006
Genere: Drammatico