da 63ma mostra del cinema di venezia

NUOVOMONDO
di Emanuele Crialese
Con Vincenzo Amato, Aurora Quattrocchi

leone d'ARGENTO RIVELAZIONE

di Gabriele FRANCIONI

 

Le ricorrenti giaculatorie sul cinema italiano iniziano a Venezia e proseguono, tra attese messianiche di impossibili rivoluzioni produttive, nascita di nuovi talenti e decentramenti auspicati (da Torino, dalla Puglia) e temuti (da Roma, naturellement), sino all'estate successiva. Quest'anno ci ha pensato la "Festa di Roma" ad autocelebrare la natura centralizzata di un sistema duro a morire, con una selezione ricca di titoli (Virzì, Comencini eccetera eccetera) di "autori nostrani", definizione che suona un po' come un sinistro ossimoro: il film di Crialese, quarantenne formatosi negli Stati Uniti, sembrerebbe uscire dal coro, ma se RESPIRO aveva le stimmate dell'opera a forte connotazione meridionalista anche in termini di concezione, NUOVOMONDO rientra  nell'alveo del prodotto mainstream, parlato in siciliano, ma destinato a una forte diffusione estera, segnatamente nell'America dei pronipoti degli emigrati ivi descritti.
A parte l'ingiustificato Leone creato ad hoc per consentirne un lancio immediato e potente, la pellicola è il tentativo di entrare, dalla porta di dietro, entro uno dei due ineludibili e sempre evocati (dai decani della critica) filoni del cinema nostrano: il neo-neo-neo-realismo.
Che ambirebbe ad essere magico, vista la prospettiva, lo sguardo ancestrale che il protagonista applica alla modernità della "terra nova", portandosi dietro, ma solo sulla retina, l'evocatività di credenze a-logiche, qui esposte e iper-rappresentate nel lunghissimo prologo siciliano. In quest'ottica, la visione di una foto evocante la contraffatta superiorità dell'America (alberi che producono denari, mega-ortaggi lì cresciuti, etc) sconvolge il protagonista, offrendogli quel segnale divino che aspettava per decidersi a lasciare l'isola.
La sua famiglia, quindi, parte a inizio secolo verso gli Stati Uniti, alla ricerca del benessere, del "futuro".
L'incontro con questa nuova dimensione rimane fuori campo e, dopo un altrettanto estenuante segmento di viaggio (i classici ammassi di corpi transeunti, mano d'opera o materia prima per costruire dal basso tale futuro, vivono l'esodo come l'iniziazione verso qualcosa di potente sovrannaturale prevaricatore - la nave stessa - e spesso soccombono, come il neonato gettato a mare, o, per sopravvivere, si lanciano in tammurriate alla Winspeare), si approda a Ellis Island, NYC.
Il luogo-filtro dove lasciare la propria identità e acquisirne una rilucidata di nuovo, non prima di essere passati attraverso le forche (anche qui si va troppo per le lunghe) delle prove d'intelligenza, per individuare i minus habens da far rimpatriare prima che possano contagiare l'intelligenza dei colonizzatori.
Tra la Sicilia e Lamerica, però, s'interpone l'Europa (Charlotte Gainsbourg) o solo L'Inghilterra, volendo, che dovrebbe essere sia un lacerto evanescente di quel nuovomondo, una sua prima immagine specchiata, sia il motore trascinante la primordialità italica verso l'industrializzazione.
Però le intenzioni di Crialese rimangono sulla carta, nel tentativo di realizzare un affresco sull'Emigrato di ogni tempo e di innestare Tornatore su Amelio, cioè un ibrido poco probabile. Non è solo questione di regia, che indulge troppo in quel registro magico-ancestrale e negli inserti ad esso connessi (ben tre -3- le nuotate nel latte di Gainsbourg & co. al traino di ortaggi-salvagente); anche i tempi filmici sono eccessivamente dilatati, senza che cresca il senso dell'attesa; il racconto, poi, è mozzato proprio quando un auspicato lampo deflagrante potrebbe segnare l'istantaneo scontro con il nuovomondo; ed è irrisolto anche il modo di porsi verso i due poli (passato-Sicilia-Terra / futuro-America-Mare) cui tendono il protagonista e, segnatamente, la madre.
Non c'è una premessa o un accumulo di eventi che giustifichi il pendolo tra desiderio di fuga, attesa, perplessità, delusione etc: si espongono gli stati d'animo di un contadino, del figlio muto e della antica madre a seconda dell'effetto da suscitare nello spettatore o della necessità di approntare isolate invenzioni visive e solo le prove d'intelligenza segnano un chiaro discrimine tra illusione e realtà. Non crediamo che i duri contadini del 1905 avessero continue visioni come quelle spacciate per lirismo onirico nel film di Crialese o che si autosotterrassero in polemica coi vecchi per esplicitare la loro dipendenza dal lavoro e da un luogo senza speranza: il regista è troppo autoindulgente e si concede ogni tipo di licenza (la scena appena descritta, col relativo corredo di alberi carichi di monete, ne è solo uno degli esempi più irritanti) solo per giustificare l'effetto poetico isolato. Non siamo convinti che i siciliani affamati di lavoro agissero come il Salvatore del film, attoniti quando serve (al film) e rivendicativi quando occorre. Forse Crialese non ha il coraggio di prendere posizione (le dichiarazioni del press-book lo confermano) e NUOVOMONDO è un comodo spazio testuale nel quale fare stare dentro tutto: nostalgia atavica per la terra d'origine, odio verso la stessa, desiderio di fuga ma anche di ritorno, tensione verso la modernità e opposizione ai suoi metodi e alle sue facies. è il pendolo stesso del regista emigrato, ricollocatosi negli USA per studiare cinema, che restituisce il senso di questa impasse finalizzata ad un'ampia distribuzione internazionale di un film "non politico, non sociologico" (dal press-book citato), ma solo velleitariamente poetico.
 

Voto: 22/30

09:09:2006

 

Tutte le recensioni di Venezia 2006

NUOVOMONDo
Regia: Emanuele Crialese
Anno: 2006
Nazione: Italia
Durata: 120'
Data uscita in Italia: 22:09:2006
Genere: Storico, Visionario