NUNMUL
di Sang-soo Im
con Jun HAN, Tae-kyu BONG e Keun-young PARK

Il cinema del lontano Oriente si caratterizza, oltre che per l'elevata qualità media dei suoi prodotti e per la costante innovazione dei mezzi espressivi, anche per una varietà di stili e di contenuti che riesce nell'impresa di "accontentare" diversissime tipologie di cinefili/critici/semplici appassionati/addetti ai lavori. La forbice aperta tra il "neorealismo" [una volta] pieno d'immaginazione visiva della cinematografia cinese d'inizio anni Novanta - JU DOU, LANTERNE ROSSE - e la spettacolarità colta di Hong Kong, oggi non è più tale, perché la distanza tra questi due estremi è stata riempita dalle più varie categorie di film, sempre più contaminati a dimostrazione del fatto che eventi di natura politico-culturale di questo ultimo decennio hanno contribuito, forse definitivamente, a portarci a ridosso di una cultura [soprattutto visiva] molto più ricca, oggi come oggi, della nostra.
NUNMUL è un'operina che sta in quello spazio intermedio, in bilico, se così possiamo dire, tra gangster story minimalista e mélo generazionale. Le vite perdute di alcuni belli [e belle] e dannati, trovano un improvviso centro e senso nel rapporto complesso con il ras del quartiere, che muove le pedine a suo piacimento, tra prostituzione e racket della droga. Lo scarto generazionale è visto come ostacolo insormontabile al fine di ottenere un affrancamento da quel mondo e ogni tentativo d'imitazione delle tecniche intimidatorie del boss verso nuovi insubordinati nella gerarchia sociale, finisce in tragedia [o nel ridicolo].
Ricorrente, in pellicole provenienti da quei paesi, lo spaesamento sessuale che crea imprevedibili convivenze e cortocircuiti tra purezza virginale e depravazione assoluta.

Gabriele FRANCIONI
06 - 01 - 02


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