
Luis Sepulveda, l'acclamato scrittore cileno che vive, esule, nelle Asturie
animando, con le sue ispirazioni surreali e vagamente magiche, racconti
di sublime poesia ed emozione popolati di gabbianelle, toreri, rose e
killer che ne hanno fatto uno degli autori sudamericani più amati
della letteratura contemporanea, debutta alla regia con un soggetto tratto
dalla sua novella INCONTRO D'AMORE IN UN PAESE IN GUERRA. NOWHERE è
un racconto didascalico, un'operetta morale che si prefigge di trasporre
in immagini la vivida vocazione politica dell'autore che sceglie di denunciare
i fantasmi della storia recente del suo Paese attraverso un'apologia di
libertà e giustizia che, delicata come una favola sulla carta,
risulta pesantemente sentenziosa sul grande schermo. La vicenda è
quella emblematica del Dittatore di un non meglio individuato Paese sudamericano
che, negli anni ottanta, decide una sorprendente mossa mediatica che lo
metta al riparo dalle polemiche sui desaparecidos e gli assicuri la stabile
permanenza al potere. Mostrerà il pugno di ferro facendo imprigionare
in maniera plateale cinque oppositori per poi farli riapparire all'improvviso
e smentire, coi fatti, le accuse alla politica repressiva del regime.
I dissidenti, ognuno rappresentante di una diversa categoria sociale (ci
sono il cuoco omosessuale, lo studente appassionato di boxe, il professore
disilluso, l'operaio che vive per il bolero ed il barbiere che ama il
tango), vengono seppelliti in un campo di prigionia in mezzo a montagne
desertiche e dimenticati in quella stazione ferroviaria abbandonata che
non sembra neppure meritare un nome, guardati a vista da un assurdo plotone
di soldati che obbedisce ciecamente ad un potere che ordina, reprime,
schiaccia senza dare giustificazioni. Torneranno liberi.. ma per altri
intrecci del destino.. E mentre i sequestrati elaborano un piano di fuga,
aiutati da un Gringo (un Harvey Keitel caricaturale che ricorda sin troppo
lo stesso personaggio già visto ne LA CANZONE DI CARLA) che conosce
troppo le cose del mondo per scegliere l'indifferenza, i ruoli sembrano
invertirsi, la collaborazione tra vittime e carnefici diventa l'unico
modo per andare avanti un giorno ancora, per colmare il senso di inadeguatezza
(delle guardie che sembrano marionette e degli stessi dissidenti, consapevoli
di non essere nulla più che pesci piccoli) con gesti semplici,
quotidiani ma essenziali per vincere l'incombenza di un deserto di polvere
ed abbrutimento. Basta poco, allora, per dare corso ad un riscatto morale
tanto cercato quanto necessario a sopravvivere e superare lo straniamento:
un pasto caldo anziché il solito rancio, una locomotiva che riprende
vita, una lezione di calcio alla truppa.. e con l'andare del tempo gli
equilibri della violenza e del terrore si spezzano per lasciar posto all'umanità
dei rapporti, al respiro della libertà, all'impalpabile, frusciante
sostanza dei sogni. Alla fine i protagonisti riescono picarescamente a
fuggire, a bordo di un carrello ferroviario sospinto da una vela bianca,
ma la sensazione che rimane è di non averli veramente conosciuti,
di non aver penetrato le loro scelte, le vocazioni, gli ideali che li
hanno visti martiri del regime ed eroi nella resurrezione della dignità.
Il risultato, dunque, non è all'altezza delle aspettative di chi
sperava che un autore così fecondo nell'arte di rendere magia anche
la realtà non cadesse proprio sulla denuncia politica. Ed invece
troppe cose non convincono: trama e sceneggiatura (anch'essa opera di
Sepulveda) sono claudicanti; ambiente e personaggi, eccessivi e macchiettistici;
morale e retorica risultano gravi e restano confinate nell'alveo delle
mirabili intenzioni che difficilmente, da sole, trasformano un qualsiasi
progetto in buon cinema. NOWHERE, dunque, non consente al suo autore di
superare il difficile esame di trasporre in immagini e musica quei meravigliosi
pensieri e quelle parole ispirate che sono profondi come solchi se vengono
letti in un'opera letteraria ma non può, comunque, lasciare indifferenti
soprattutto quando viene dedicato "a tutti i cileni internati nei
campi di concentramento".
Voto: 23/30
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