Dopo
una ricca esperienza in videoclip musicali, pubblicità e cortometraggi, il
giovane Davide Marengo esordisce nel lungometraggio di finzione con
Notturno Bus, e lo fa
distinguendosi dal classico percorso autoriale di tanti registi italiani
(che per la maggior parte firmano i loro soggetti), portando sullo schermo
una sceneggiatura già sviluppata di Fabio Bonifacci e Giampiero Rigosi,
autore dell’omonimo romanzo pubblicato da Einaudi Stile libero.
Notturno bus è la storia di
Franz (Mastandrea) anonimo autista di autobus, che si definisce “normalmente
vile”, la cui vita, noiosa e incompleta, è animata solo da frequenti partite
a poker che puntualmente perde. Questa routine quotidiana viene del tutto
sconvolta quando sale sul suo autobus la giovane Leila (Mezzogiorno) una
ladra abile nel sedurre, narcotizzare e derubare le sue prede. Coinvolta suo
malgrado nel furto di un compromettente microchip, la donna trascinerà con
sé l’ignaro Franz in un vorticoso susseguirsi di eventi con al centro una
spietata lotta tra agenti segreti: i “cattivi” da una parte, Garofano
(Francesco Pannofino) e Diolaiti (Roberto Citran) e dall’altra il “buono”
Matera (Ennio Fantastichini).
Anche se profondamente diversi nel carattere Leila e Franz si riscoprono,
alla fine, molto simili: un comune destino di solitudine li ha resi cechi
verso il mondo. La loro avventura, attraverso una città popolata da tante
figure invisibili, si conclude in aeroporto, il “non luogo” per eccellenza.
E lì, dove, senza scomodare Augè, l’uomo contemporaneo parte e arriva senza
mai fermarsi, queste due solitudini si ritrovano, si riconoscono e si
scelgono.
Ad animare un racconto così denso non solo i due giovani protagonisti ma
anche un cast di personaggi complementari e altrettanto necessari:
l’irascibile energumeno Titti, cui Franz deve dei soldi, la vincente coppia
di cattivi Garofano e Diolaiti - il rozzo logorroico e l’astuto silenzioso
che regalano al film alcuni momenti di pura comicità - il più profondo
Matera, uomo solitario, dilaniato dai rimorsi che fine alla fine cerca,
disperatamente, di riscattarsi.
Definire questo film risulta impresa piuttosto ardua date le diverse
suggestioni mutuate dai diversi generi che contaminano la storia: la
commedia, il noir, il grottesco, l’azione.
Si riconosce tuttavia nel salto dei generi, nel procedere ritmato delle
scene, (come non citare, a tal proposito, il fondamentale lavoro di Patrizio
Marone al montaggio), una compostezza stilistica che rende il film asciutto
e piacevolmente essenziale, ironico quando deve far ridere, potente quando
deve far paura, commovente quando deve far riflettere.
Impresa doppiamente difficile dunque per Marengo, quella di affidarsi a un
progetto non suo e di tradurre in immagini una romanzo denso e complesso che
trova nella contaminazione dei generi la sua cifra distintiva. Sfida niente
male per un’opera prima: assolutamente superata e a pieni voti.
Voto: 26/30
08:05:2007 |