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NINE LIVES costruisce la sua splendida prima parte su elementi classici dell'horror: i colori (il nero, soprattutto), un uso distorto dell'audio, l'anormale che come se nulla fosse - e non per tutti - compare nel quotidiano sconolgendolo. AHN Byung-ki dimostra però di possedere la capacità di orchestare al massimo questi elementi, a dimostrazione di come non sia a tutti i costi necessario uno sconvolgimento totale dei cardini di un genere per realizzare un grande film. Il film, infatti, fa paura e crea angoscia e la regia è funzionale e sufficientemente cosciente della necessità di un'immagine potente e evocativa (fantastico il raccordo tra due sequenze in cui la fine di una ragazza è prima anticipata dallo presenza dell'assassina demoniaca, e poi messa in scena nelle sue conseguenze, con un unico carrello ad altezza soffitto). Poi tutto si perde in un qualunque SO COSA HAI FATTO, ma di serie B, dove un cattivo reale - creato per riempire i buchi di sceneggiatura - semina il panico rubando il posto alla messaggera del male. |
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Andrea DE CANDIDO |
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