
Dopo la morte di suo marito Fausto (Barberini),
Stella (Maglietta) decide di tornare nella casa di montagna dove è
cresciuta; basterà riprendere in mano alcune foto per permettere al passato
di riaffiorare: il matrimonio, la nascita dei due figli, Laura (Fugardi) e
Michele (Russo), l’insensata gelosia di Fausto nei confronti di un amico di
Stella e il suo malcelato odio per Michele, accusato di essere il frutto di
quella relazione clandestina, la morte di Michele, la crescente freddezza di
Laura. Sotto il peso di tutti questi ricordi Stella rischierà di soccombere,
ma il fortuito incontro con un montanaro illuminato dalla fede che aveva
conosciuto Michele, le schiuderà aspetti della vita di suo figlio che non
conosceva, e che la aiuteranno a ritrovare una pace interiore.
Il maggior merito delle opere della Tamaro è sempre stato quello di non
prefiggersi obiettivi che non fossero facilmente raggiungibili. Ma stavolta,
nell’adattare liberamente un proprio racconto con la collaborazione di
Roberta Mazzoni, l’autrice e regista calca un po’ troppo la mano con una
miscela di cattive letture, immagini da cartolina e spiritualismo da
bancarella, e l’abituale rima cuore/amore risulta in questo caso fatalmente
dissonante.
Ma al di là dei propositi, come al solito furbetti ma pur sempre legittimi,
a deludere maggiormente sono una regia insipida e dal taglio televisivo, un
disegno dei personaggi troppo spesso schematico (gravemente irrisolte, in
particolare, le figure della figlia e quella, fondamentale, del padre,
indemoniato più che malvagio) e una struttura narrativa che si perde in una
sequela di scene prive di gerarchia invece di confluire in un andamento
verticale indispensabile per un melodrammone di grana grossa, e così il
senso del tempo che passa, perno dell’intera vicenda, fatica a farsi
avvertire. Su tutto, poi, la puzza di un proselitismo che riduce la
religione cristiana ad un insieme di slogan in stile new age.
La Maglietta è distratta, gli altri rispondono all’appello con diligenza.
Un esordio da dimenticare, in attesa di una sufficiente perizia registica e
di una maggiore sincerità d’ispirazione.
Voto: 19/30
17.09.2004 |