Un film in tre
parti: tre movimenti, seguendo un'analogia con la composizione musicale
avallata dallo stesso Battiato. Una presentatrice televisiva viene
ipnotizzata e si ritrova a vivere ad assistere agli ultimi giorni di vita di
Beethoven. Si sveglia, e un'asse di 5 nazioni invade il mondo intero in nome
della Democrazia.
Non è assurdità, come vorrebbe il miope cinismo dei critici imbufaliti e
fischianti sui titoli di coda. è dire le cose esattamente come stanno ora
come ora, punto. Ma ovviamente non si tratta solo di questo: nel monologo
finale troviamo la stessa idea propugnata dall'"Episodio 3" di
Guerre
Stellari: la radice della forma (in senso lato) totalitaria sta
nell'illusione di abitare effettivamente un dato spazio-tempo. E tutto
Musikanten lotta contro questa illusione. Non solo per il viaggio temporale
della protagonista, ma specialmente per tutta una serie di sdoppiamenti che
forzano le coordinate del visibile verso un "Altrove" (che è anche il titolo
del programma tv che vuole realizzare la protagonista). Per esempio,
l'indulgere dello script in monologhi a sé stanti, che i malevoli vedono
come verbosità superflua, è invece uno squarcio ritagliato dall'Ascolto,
proprio come la musica, che spesso fa capolino nel film e lo sospende a
mezz'aria (o il silenzio, nelle "soggettive sonore" del Beethoven quasi
sordo). Ma soprattutto, la filmicissima dialettica tra pellicola e digitale
che si insinua nelle pieghe di molte scene: tant'é che il film si chiude con
la stessa immagine (la protagonista seduta sotto l'albero dove sedeva Beethoven: ancora due tempi che si mescolano) ripresa prima in pellicola poi
in digitale. Pochissimo importa se il montaggio "sbava", se la recitazione è
tirata via, se la messa in scena è spigolosa o meccanica, se regna un'aria
di sinistra improbabilità: con un minimo di buona fede saltano agli occhi
coerenze molto più significative.
Voto: 27/30
05/09/2005
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