
MULHOLLAND DRIVE non è, come era ovvio attendersi, un film semplice:
non lo è nella sua lettura, nella visione e non lo è stato
nella produzione. Come è noto, infatti, Lynch era stato chiamato
dalla ABC per realizzare una nuova serie televisiva, dopo il grandissimo
successo de I SEGRETI DI TWIN PEAKS. E proprio a quell'unicum della storia
televisiva mondiale questo film guarda in modo decisamente chiaro. Proprio
per questo è naturale aspettarsi la rappresentazione di un mondo
non precisamente lineare: qualcosa di "strano" ma prevedibile
(in senso buono) nel suo essere lynchiano. E allora sarebbe interessante
conoscere i motivi che hanno spinto i dirigenti della tv americana ha
tagliare il progetto dopo che il regista, tra gli altri, di UNA STORIA
VERA, aveva girato l'episodio pilota: ma cosa si aspettavano?!? L'avranno
pur visto TWIN PEAKS prima di commissionare ad uno dei più visionari
- e, dunque, in un certo senso, anti-televisivi - registi del pianeta,
un serial! In fondo l'idea di TWIN PEAKS poteva essere una scommessa,
visti i già piuttosto atipici trascorsi dell'autore, ma dare vita
ad un'operazione successiva a quella e poi interromperla perché
"incomprensibile" lascia davvero sconcertati. Fatto sta che
Lynch ha abbandonato MULHOLLAND DRIVE finché non è giunta
la santa mano di Canal Plus, suggerendogli di trarne quel lungometraggio
per il cinema, che poi avrebbe vinto il premio per la regia a Cannes e
ottenuto - incredibile - una nomination all'Oscar per il suo autore.
L'origine televisiva di MULHOLLAND DRIVE è piuttosto evidente nella
prima metà, con un'inconsueta abbondanza di primi piani a discapito
di campi lunghi ed altre inquadrature più strettamente cinematografiche,
poco adatte allo schermo casalingo. Si nota anche per una certa difficoltà
ad ingranare, a trovare il giusto ritmo: cosa che, al contrario, ritrova
il suo senso se pensata in quanto preludio di una lunga serie di puntate.
Se comunque una storia c'è, è quella di una ragazza bruna
che, minacciata di morte a bordo di una macchina, si salva a causa di
un incidente stradale: perde la memoria e si ritrova a casa di una giovane
e bionda attrice, appena giunta ad Hollywood per fare carriera. Poi tutto
- forse - si perde, e Lynch porta il suo spettatore in un posto dove il
tempo sembra scorrere al contrario, le persone non sono quelle che credono,
i luoghi cambiano mentre vengono percorsi. Come sempre in Lynch, ciò
che conta di più sono le illuminazioni e le figurazioni della mente;
non esiste nulla di concreto e rettilineo se visto attraverso le interpretazioni
che ognuno ha in testa. Qualcuno poi (come del resto Lynch stesso), ha
la mente piuttosto visionaria, per cui le cose si complicano ulteriormente.
Che valore ha, vedendo MULHOLLAND DRIVE - ma ovviamente anche la maggior
parte dei film di Lynch - cercare di capire che senso abbia un'apparizione
o quale sia il significato preciso di un personaggio che compare una volta
sola ma che "sembra" essere la chiave di tutta la storia? Certamente
non ne ha, o quantomeno ne ha ben poco, per cui qualsiasi tentativo di
esegesi è legittimo alla luce dell'immaginario del singolo spettatore
e delle emozioni che l'immagine - in quanto tale - lynchiana è
stata in grado di provocare. E' giusto seguire il filo che si è
creduto di trovare e lasciarsi coinvolgere da un gioco che - ne siamo
quasi certi - a volte è fine a se stesso (anche qui in senso positivo),
ma che nasce dall'immaginazione di uno dei pochi autori realmente visionari
oggi rimasti. Un autore che, anche quando realizza un film non perfetto
e completamente compatto come questo, non può essere ignorato,
e deve essere sempre preso come secondo termine di paragone per un cinema
che rifugge il racconto per immagini a favore di belle storie da non vedere.
Voto: 29/30
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