
Una piccola città bosniaca attende
l’imminente arrivo del presidente Clinton. Una visita che presagisce il
passaggio della cittadina sotto l’ala protettrice degli Stati Uniti, e che
impegna a fondo la ristretta ed eterogenea comunità nel disperato tentativo
di apparire pacificata e democratica dopo appena un paio d’anni dalla fine
della guerra civile. Gli attriti fra le diverse etnie, e le scorie di
prostituzione e traffico nero, non tarderanno ad emergere.
Bizzarra miscellanea di dolce e amaro questa opera prima di Pjer Zalica,
autore in passato – all’interno dell’eroico gruppo di artisti Saga – di
documentari e cortometraggi sui combattimenti e la vita quotidiana nella
Sarajevo dei primi, tragici anni novanta. Zalica, infatti, concentra i
momenti di violenza e commozione all’inizio e alla fine del film, lasciando
la parte centrale ai suoi personaggi teneri e grotteschi, un piccolo teatro
dell’assurdo fatto di prostitute, poliziotti e trafficanti, e condotto con
una mano disincantata che in alcuni momenti sfiora quel cinismo
sdrammatizzante tipico di tanti arrtisti dell’ex-Jugoslavia. Lo stile,
spartano ed anarchico (le scene spesso non seguono una necessaria sequenza),
è sintomo d’una vena creativa ancora acerba, ma allo stesso tempo riflette
bene lo spirito di una realtà suo malgrado tragicomica, e l’equilibrio fra
riflessione e leggerezza, ancorché schizofrenico, alla fine risulta
riuscito, e contiene in sé una genuinità che non lo fa recepire come
programmatico e che permette al film di accostarsi ad opere come LA VITA
è BELLA o TRAIN DE VIE. Con
un sottotesto come la guerra in Bosnia, poi, si poteva certamente osare di
più, ma quando gli strumenti a propria disposizione non sono ancora
raffinatissimi è preferibile peccare di modestia anziché di onnipotenza.
In attesa di una indispensabile maturazione, un esordio fresco, originale e
a volte toccante, che trova una spontanea equidistanza fra disillusione e
voglia di reagire.
Voto: 23/30
02.06.2004
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