NELLA MORSA DEL RAGNO
di Lee Tamahori
con Morgan Freeman e Monica Potter



Pare proprio che il detective criminologo Alex Cross (Freeman) - lo stesso de IL COLLEZIONISTA - non possa starsene tranquillo a costruire modellini di barchette da infilare nella bottiglia. Ancora provato per la scomparsa di una collega durante una missione da lui diretta - e codazzo di immancabili sensi di colpa - a ridestarlo dal precoce prepensionamento che si è autoimposto ci pensa questa volta il megalomane Gary Soneji, enigmatico professore di informatica che ha rapito una sua allieva - giovane figlia di un senatore - e che lancia al detective una sfida dal cui esito dipenderanno le sorti della piccola. Ad aiutarlo nell'impresa la bella Jazzie Flannigan (Potter), un agente dell'FBI che ha avuto modo di conoscere bene Soneji in passato e per questo forse in grado di districare la ragnatela tessuta dal malefico professore.  Tratto come il precedente dal romanzo di James Patterson questo risaputo e poco convinto film del neozelandese  Lee Tamahori - come è lontano ONCE WERE WARRIORS... -  vale se non altro come pretesto per una riflessione su un genere - il thriller investigativo - che sembra essere ormai arrivato al dessert, schiacciato tra le convenzioni, povero di idee e destinato, ancora non si sa per quanto, a vivere di rendita sulle vecchie glorie. Del resto quello che vede come nucleo centrale lo scontro tra detective fin troppo umani - sensibili, molto spesso alle prese con conflitti interiori - da una parte e super menti criminali - capaci di ogni efferatezza, molto spesso spinti da motivazioni psicologiche oscure - dall'altra è un genere che soprattutto negli anni novanta ha saputo codificarsi, costruirsi una tradizione e una reputazione, e farsi portavoce delle nuove paure sociali se si pensa che il genere ha praticamente scalzato con i suoi "mostri" di carne ed ossa - l'Hannibal del SILENZIO DEGLI INNOCENTI o il demoniaco Spacey di SEVEN per fare due esempi noti - il classico e praticamente estinto horror popolato da entità ultraterrene. Un genere che anche dal punto di vista stilistico ha saputo elevare il linguaggio cinematografico soprattutto sul versante della dialettica tra film e spettatore, basta pensare a come le pellicole citate giocano sul meccanismo della visione e della percezione, su come lo spettatore viene guidato nella comprensione oppure depistato volutamente attraverso gli "indizi" che lo stesso protagonista si trova davanti, operando principalmente sulla dicotomia "in campo-fuori campo", ma anche sull'ambiguità dell'immagine e della sua interpretazione - tra ciò che è e ciò che appare ai nostri occhi - e che nei casi più fortunati ha saputo assumere i connotati della vera e propria sfida nei confronti di chi guarda. Come tutti i filoni anche questo, dopo aver prodotto i suoi capolavori e i suoi bei cloni, sta completando il suo ciclo di vita: da questo punto di vista NELLA MORSA DEL RAGNO sembra appartenere alla categoria  delle svendite di fine stagione. Dopo una partenza dignitosa - notevole la scena dell'incidente automobilistico - procede con ritmo altalenante sul cliché della classica coppia investigativa - lui maturo con tante cose da insegnare, lei giovane con tante cose da imparare - poi comincia a perdere letteralmente pezzi per strada: per fare solo un esempio che non sveli troppo, non solo i sensi di colpa di iniziali di Cross svaniscono letteralmente nel nulla, ma  lui si impegna addirittura a risolvere quelli di Jazzie con una fastidiosa serie di frasi ad effetto in stile soap opera americana...E il tutto si conclude in un modo molto pigro dopo la solita serie di sottofinali in cui si sprecano - nel vero senso della parola - i colpi di scena. Se al quadretto appena abbozzato aggiungiamo il fatto che nel delicato ruolo di Jazzie Flannigan Monica Potter si fa segnalare come una delle attrici più inespressive viste di recente il flop è servito. In conclusione, delle tante questioni irrisolte che ci lascia in eredità questo squinternato film, una in particolare ci sta a cuore: riuscirà l'ancora convincente Morgan Freeman a scrollarsi di dosso il logoro personaggio di cacciatore di psicopatici e dimostrare altrove il suo valore?

Voto: 15/30

Loris SERAFINO
29 - 10 - 01


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