
MEN OF HONOR: la storia è quella di un ragazzo nero cresciuto nella campagna
del sud degli Stati Uniti, il quale vuole diventare il primo palombaro
della marina in un'America ancora intollerante e razzista degli anni'60.
Il ragazzo si chiama Carl, è venuto su accanto a un padre contadino e
di sani principi che dopo una paio di scene gli rivela la massima da portare
con sé ogni giorno: non ti arrendere mai. Seguiranno il suo arruolamento
nella marina militare e l'episodio fortuito che lo condurrà dritto verso
il suo destino. Nel film sono presenti temi interessanti e stuzzicanti
come l'odio razziale, la fiducia in se stessi e nel proprio destino, ma
il loro trattamento scivola via, così, senza alcuna pietà per lo spettatore,
verso la più pura banalità. Un film dalle buone intenzioni che decide
di raccontare la storia vera di un uomo solo con se stesso in un ruolo
assai poco considerato e anche poco conosciuto dalla mitologia collettiva:
quello del palombaro della marina militare, tanto che la forza sembra
stare proprio lì, nella novità e nella curiosità della trama. Ma la narrazione
scade nei luoghi comuni, e scadere nei luoghi comuni in maniera quanto
mai banale e sorpassata, porta con sé, inevitabilmente, personaggi piatti,
stereotipati, scadenti, mai davvero "vivi". Cuba Gooding Jr. interpreta
malamente la figura di un uomo che lotta contro tutto e tutti con una
recitazione così insignificante da far sembrare la lotta per il suo destino
semplicemente un capriccio, e l'odio razziale solo un pretesto inutile
alla storia ed utilissima agli autori.
Ed utilissima sembrava a loro pure la storia con la dottoressa, anch'ella
nera, la ragazza dolce di turno tanto vista e rivista da un qualunque
spettatore medio che finisce inevitabilmente per appesantire e alla lunga
infastidire. In tutta questa baraonda non dimentichiamoci il buon R. De
Niro, uno dei pochissimi attori in circolazione letteralmente "incapaci"
a recitare. La buona recitazione per loro è come sedersi a tavola e mangiare.
Impersona, nelle vesti di istruttore della scuola per palombari, la classica
figura del "mentore", e cioè quel personaggio che scopre ed esalta le
qualità del protagonista (Cuba Gooding Jr), il quale, tra l'altra, è sempre
lì pronto con la mascella serrata ad affrontare qualunque follia, purchè
sia eroica, purchè lo esalti, purchè lo faccia "brillare". Ma quella che
brilla è la sua goffaggine, la sua costante stentatezza a percorrere una
storia che stenta anch'essa a muoversi e a filare via. Nemmeno il buon
De Niro, troppo preso ad accendere una pipa cinese di legno che si spegne
continuamente - come la tensione del film - riesce a risollevarlo e a
portarlo nella sua orbita che ricorda solo tristemente le magnifiche indimenticabili
interpretazioni con M. Scorsese. L'unica cosa che riesce a commuovere
infatti, in una trama che esplicitamente cerca la lacrima dello spettatore,
è la presenza di De Niro, un alieno in un paese straniero.
Durante la visione di un film, e così per la fruizione di qualunque opera
artistica, ci dovremmo chiedere tutti cosa ci si vuole comunicare in quel
preciso momento e in quella maniera. In MEN OF HONOR il messaggio sembra
essere "Credeteci tutti, fino in fondo". Carl diventerà infatti primo
palombaro nonostante l'amputazione di una gamba. Personalmente, non so
voi, quello cui continuerò a credere fino in fondo è la bellezza delle
storie e la loro sincerità; crederò sempre sinceramente a storie sincere.
MEN OF HONOR è una storia vera, d'accordo, ma è raccontata male ed il
tentativo forzato ed esplicito di commuovere lo spettatore la guasta,
irreparabilmente.
Voto: 20/20
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