MEMENTO
di Christopher Nolan
con Guy Pearce, Carrie-Anne Moss e Joe Pantoliano



leggi anche il resoconto di un
UN DIBATTITO SULLA SCENEGGIATURA DEL FILM
SVOLTOSI PRESSO LA SCUOLA HOLDEN DI TORINO


Ci sono dei film che puntano molto, se non tutto, sulla sceneggiatura, sul piacere di intaccarne alcuni automatismi, sulla volontà di disorientare lo spettatore. MEMENTO, diretto da Christopher Nolan, ma scritto a partire da un romanzo di Jonathan, il giovanissimo fratello del regista, è senz'altro uno di questi.
Leonard Shelby (Guy Pearce) è stato vittima di un'aggressione assieme alla moglie, ma soltanto lui è sopravvissuto; quando la polizia non gli crede più decide di trovare da solo il colpevole. L'intreccio potrebbe ricordare qualcosa di Hitchcock oppure un buon film di genere come IL FUGGITIVO (1993) di Andrew Davis, ovvero operazioni in cui, a livello di racconto, l'interesse (l'"inchiesta") si deve alla mancanza di un tassello (l'identità dell'assassino, ecc.) ed alle manovre per entrarne in possesso.
Ma naturalmente, e non è una novità, è lecito andare anche oltre, agire alle fondamenta del meccanismo narrativo, danneggiarne magari un solo elemento - la successione rigidamente diacronica degli episodi, o la fiducia nei dati appena acquisiti - per compromettere l'affidabilità di tutti gli altri. Ed ecco allora che in MEMENTO al protagonista è stata tolta la "memoria breve": è padrone di quanto accaduto prima dell'aggressione ma non ricorda cosa gli dice la gente, così come ignora la natura dei rapporti allacciati di recente. Ma scripta manent (per restare al latino del titolo), e quindi a Leonard non resta che prendere appunti o addirittura tatuarsi le informazioni vitali; per lo stesso motivo scatta a tutti delle polaroid che poi chiosa con una sorta di "istruzioni per l'uso". Ma ciò non basta a restituire una logica sequenzialità alla sua vita.
Il disordine che ne consegue è tradotto anche a livello di montaggio - strumento, per una volta, dell'incoerenza - e dà origine ad un effetto-puzzle nel quale le piste false non si contano e non si riconoscono se non a cose fatte, e dove lo spettatore, inevitabilmente immedesimato, va soprattutto alla ricerca delle linee che combaciano. L'idea non è certamente sconosciuta (di recente LE IENE di Tarantino, ma prima Kubrick, Kurosawa, ecc.) ma ci sembra comunque imposta - nonostante alla lunga tenda a perdere in audacia - da un sempre attuale (ed auspicabile) proposito di alterità rispetto alla poca audacia del cinema statunitense di genere; cosa che, di per sé, non esclude di conservarne la ragione prima, ovvero l'appetibilità per un pubblico non forzatamente d'elite.
Un film - tra i migliori visti a Venezia quest'anno - sul quale non vale forse la pena dire di più, ma andatevi comunque a vedere il grandioso sito ufficiale.

Voto: 28/30
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RESOCONTO DI UN DIBATTITO SULLA SCENEGGIATURA DEL FILM
SVOLTOSI PRESSO LA SCUOLA HOLDEN DI TORINO

a cura di Elena SAN PIETRO

MEMENTO è sicuramente un film che fa discutere, stimolante per chi ha voglia di porsi domande e capire un po' di più i meccanismi del cinema, o anche solo di scovare la fonte del piacere che ti dà un intreccio narrativo potente. Così ci siamo ritrovati in un gruppetto di testoline tenaci e curiose: il piano era che il più esperto sull'argomento - aveva seguito le vicissitudini del film a Venezia - ci svelasse la soluzione dei nostri dubbi assillanti. Il malcapitato si è munito di una lavagna ed ha cominciato a ricostruire la doppia linea temporale, non cronologica, dell'intera vicenda; ma ben presto il dibattito ha preso il sopravvento sulla teorizzazione ed ha aperto mille strade diverse.
A Venezia Nolan ha ricevuto due critiche antitetiche: gli italiani l'hanno accusato di essere troppo cerebrale, artificioso; gli altri, invece, non hanno apprezzato la conclusione chiarificatrice, troppo commerciale. A mio parere, le critiche si annullano a vicenda e poi vale l'eterna regola secondo cui "se ne parli bene, se ne parli male, basta che se ne parli". Anche questo, probabilmente, era l'intento del regista che ha puntato tutto su una sceneggiatura ed un montaggio molto complessi, ma non complicati, che lasciano spazio a diversi livelli interpretativi, ma che, soprattutto, chiamano in causa il cervello intorpidito dello spettatore come parte integrante nella ricostruzione dei fatti. Nella conclusione esplode l'effetto sorpresa e forse alcuni si saranno detti: "Che idiota, ma come ho fatto a non capirlo prima!". Sicuramente non è facile capirlo prima a dispetto di chi ha criticato il film come troppo commerciale, ma un poco "idioti" ci si sente dopo aver smontato le immagini con più attenzione. Infatti il buon Nolan ha disseminato una serie di esche in forma di velocissimi frammenti visivi che spesso si imprimono sulla retina dello spettatore prima che abbia il tempo di rendersene conto: ad un certo punto la nostra discussione ha preso la forma di una seduta psicanalitica dove tentavamo di rievocare le immagini del nostro inconscio cinematografico prima che andassero definitivamente perdute. E, forse, dopo ci siamo sentiti tutti un po' meglio o semplicemente più padroni di una materia sfaccettata e sfuggente in cui, come ha esclamato un ragazzo ormai sfinito dalla discussione, "se ci metti le mani dentro viene fuori di tutto!". Sarei una sadica con inguaribili manie di grandezza se vi elencassi le esche e le soluzioni narrative che sono venute fuori, mi limito a farvi riflettere sugli aspetti più generali del film. Dopo aver tracciato uno schema mirabolante, uno dei nostri "sezionatori" ha concluso che la sceneggiatura è geniale perché arriva ad invertire i due tournig points (punti di svolta) che costituiscono la base di una narrazione cinematografica secondo la logora, ma sempre valida, teoria dei tre atti (calma, calma, con il cinema non abbiamo scoperto l'America, l'aveva già capito Aristotele!). Per quanto si voglia demolire questa struttura classica, invertire i punti di svolta appare impossibile visto che il secondo è l'effetto del primo: MEMENTO è interessante non solo perché parte dalla fine, sfruttando un espediente che va piuttosto di moda, ma soprattutto perché inverte il rapporto causa-effetto; pensandoci bene, questo fatto non si distacca poi tanto dal caos delle nostre vite dove spesso ci capita di subire gli effetti, tipo boomerang, di una causa che non immaginavamo di aver scatenato o a cui non riusciremo mai a risalire. La sceneggiatura di MEMENTO è una di quelle strutture che fanno storcere il naso ad un produttore troppo prudente, allo stesso modo in cui PSYCHO fu criticato da molti addetti ai lavori (salvo poi ottenere un eccezionale successo di pubblico): la protagonista moriva a metà del film! Rispetto ad un noir classico, in MEMENTO gli indizi sono già stati raccolti, tutte le risposte sono tatuate sul corpo del protagonista. Nella civiltà dell'immagine, in un mondo che crede solo a ciò che vede, in un linguaggio cinematografico che conferisce al flash-back uno statuto di verità ancora maggiore delle immagini del presente, MEMENTO è una riflessione metacinematografica sull'importanza della parola scritta e raccontata, sull'inaffidabilità della memoria soggettiva che spesso si confonde con i sogni e con ciò che avremmo voluto che accadesse, sull'oblio; in qualche modo si colloca nel percorso di tanta letteratura, filosofia e scienza secondo cui la realtà è soggettiva. Se l'uomo è i suoi ricordi allora, avendo la possibilità di giocare con la propria memoria, un uomo può cambiare se stesso.
Eppure, anche dopo due ore di dibattito, non siamo ancora tutti d'accordo e non lo saremo mai: Nolan ha fatto centro. E' l'effetto pizza-Pino: quando, usciti dal cinema, ci si ritrova in pizzeria discutendo animatamente su ciò che si è appena visto. Un buon film non dovrebbe mai avere un'unica sacrosanta verità, dovrebbe sfuggire anche alle mani ed all'interpretazione del regista, cominciare a vivere di vita propria perché, come afferma Roth, la verità non esiste, esiste solo un confronto d'interpretazioni. Non è produttivo concentrarsi troppo sulla struttura di un film perché spesso si rischia di essere più cerebrali di quanto non abbia voluto essere il regista e si di butta nel cestino tutta la pura, gratuita, infantile emozione che ci ha regalato. Forse anche per questo, ad un certo punto, un ragazzo ha dichiarato che il film gli sembrava troppo freddo, vuoto ed artificioso; ma bisogna anche vedere quelle che sono le intenzioni di un regista che magari non mira tanto a commuovere, quanto a costruire una perfetta macchina narrativa, a calarti completamente nella realtà (o nelle realtà?!) del protagonista: un uomo freddo e vuoto, appunto. L'emozione nasce da un deflagrante effetto sorpresa che ci viene fatto pregustare, goccia a goccia, durante tutto il film e che alla fine ci fa sentire magnificamente smarriti ed ingannati da un giocatore molto più abile ed intelligente di noi. Sì, in un certo senso MEMENTO è una partita a scacchi con lo spettatore ed in questo genere di giochi i duellanti non devono lasciar trasparire nessuna emozione. Recentemente Nolan ha vinto il premio come miglior sceneggiatura al Sundance festival ed il suo film sta ricevendo numerosi apprezzamenti dalla critica europea. La ricetta del "volemose bene", tanto cara a noi italiani, non sembra interessare al cinema che non ha paura di sperimentare.
Alla fine del dibattito, mi ha fatto sorridere l'affermazione di una ragazza ormai disarmata che, dopo aver definito Guy Pierce (il protagonista del film) un Brad Pitt con 10 chili in meno, si è rivolta ai più esperti con queste parole: "Vi prego, non potreste scrivere tutte le cose che abbiamo detto in un fascicoletto? Se qualcuno mi chiede cosa ne penso di questo film, ho paura di non ricordarmi più niente!".

Andrea DE CANDIDO
17 - 08 - 01


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