
La mappa del mondo, la mappa dell'anima.
Rimorso, amore, dolore, i sentimenti si confondono tra loro generando
fantasmi dell'inconscio da cui affiora la sofferenza di un'infanzia infelice.
LA MAPPA DEL MONDO, l'ultima fatica di Sigourney Weaver, è il film d'esordio
del regista teatrale Scott Eliot, che l'ha tratto dall'omonimo best seller
di Jane Hamilton.
Via dalla città, via dalla folla metropolitana per inseguire il sogno
di una vita sana tra i campi in un piccolo paese del middle West. Insomma
un paese delle meraviglie che ben presto si trasforma per Alice Goodwin
e la sua famiglia in un paese degli orrori.
Prima la tragedia che sconvolge il rapporto d'amicizia con la sua migliore
amica, Theresa, poi l'accusa di molestie sessuali mossale contro da un
bambino della scuola dove Alice esercita come vigilatrice.
Una gabbia nella quale la donna si trova intrappolata per il triste gioco
delle circostanze, che la faranno confrontare con il passato e un presente
sconcertante.
Alice, madre di due bambine, si divide tra la cura della casa, l'aiuto
al marito nella fattoria e un lavoro come infermiera nella scuola locale.
Ma ad eccezione di un'amica, Theresa appunto, si sente respinta da una
comunità che non mancherà di bollarla ben presto come la strega di Salem
del Middle West.
Ma sarà proprio Theresa ad aiutarla e la forza d'animo della stessa Alice
spingeranno la protagonista ad una rivincita interiore.
Con un'inedita Sigourney Weaver, lontana dagli stereotipi hollywoodiani,
la pellicola si presenta come un'analisi di una lenta disfatta femminile
a causa del rimorso per un delitto non commesso, e dell'impotenza che
governa gesti e pensieri. La stessa immobilità che da bambina l'aveva
spinta ad assistere inerme alla morte della madre. Veri o presunti, colpevoli
o inconsci sono molti i sensi di colpa che governano la nostra vita ma
quando ad interpretare il ruolo da protagonista è il male estremo, la
morte, anche il senso di colpa non ha più confini.
Incisiva l'interpretazione della Weaver e di Julianne Moore; recitazione
che però in alcuni momenti non salva una regia poco puntuale, scandita
da ritmi più teatrali che cinematografici.
La stessa interpretazione dei sentimenti e la trattazione degli eventi,
nonostante la nobiltà dell'intento e la polifonia di aspetti più profondi,
viene spesso accennata, mai realmente discussa.
La colonna sonora, firmata da Pat Metheny, sottolinea però i momenti più
intensi del film. Una pellicola che lascia sicuramente libera interpretazione
su se stessa allo spettatore il quale però, nonostante gli sforzi, si
muove alla ricerca di un più incisivo carattere distintivo dell'autore.
Voto: 27/30
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