
La psicanalisi, la terapia di gruppo non c'entrano molto con questo film,
se non come pretesto per mettere insieme un certo numero di tipi umani
e caratteri eterogenei, posti alle estremità comportamentali di
una generica società in crisi di relazione.
Un COMPAGNI DI SCUOLA alcuni anni dopo, ma senza i necessari raccordi
narrativi che lì erano automaticamente garantiti dal collante della
comune esperienza giovanile e, anche, senza la partecipazione "emotiva"
del capogruppo, che, in quella pellicola, riusciva perlomeno a rendere
verosimile una specie di grande "freddino" all'amatriciana,
da risolversi, sia ben chiaro, su toni di classica bonarietà verdoniana
[ quindi non amari alla Sordi, per intenderci ], dal momento che si era
veramente divertito a girare i propri primi 35/ 40 anni.
Qui domina un taglia e incolla di figurine appena accennate, scollegate
generazionalmente e socialmente [ il che avrebbe anche potuto portare
elementi positivi all'impostazione di partenza ], pescate faticosamente
all'interno di un catalogo infinito di esseri umani parodiati, troppo
tipizzati, troppo presto abbandonati al tratteggio sommario e poco approfondito,
perché l'istinto attoriale di Verdone è sostanzialmente
ancora quello analitico e, diciamo così, "digestivo"
della cosa vista, che va poi riproposta in sketch di breve durata, perché
sottoposta ai tempi comici e non, necessariamente, allo sviluppo faticoso
di una, massimo dua storie.
I grandi scavi di gruppo riescono, e non ce ne voglia il simpatico Carlo,
ad Altman e Kasdan, non certo a chi manca ancora di quella fluidità
che neanche Benigni ha mai acquisito [ prima de LA VITA E' BELLA le cosucce
gliele incollava Giuseppe Bertolucci, contribuendo ad inanellare una serie
di innocui film tutti costruiti sullo scambio di personalità et
conseguenti situazioni comico-ridicole, peraltro consapevole dei limiti
del toscano, che giustamente non usciva dalla singola storia e dai singoli/
doppi personaggi ].
Sappiamo bene come i comici fatichino enormemente ad essere registi [
l'ha detto benissimo Fofi su FILM TV in una dolceamara lettera aperta
a Benigni stesso ] e, se vogliamo essere crudeli, facendo tutt'uno di
una generazione di post-comici di fine anni '70, sicuramente diversissimi
e oggi visti dai giovanissimi come geneticamente incompatibili, ma nati
sui tempi della televisione -effettivamente Moretti in questo si distingueva
un po'- non possiamo mettere nessuno di loro al livello dei Bellocchio,
Olmi, Bertolucci e quant'altri delle generazioni precedenti.
Para-registi, questo sì [ precisiamo: Moretti si è comunque
distinto da tutti per la consapevolezza e felice gestione di una "poetica"
assai chiara, aiutata dalle collaborazione con sceneggiatori come Pasquini,
da cui i suoi migliori lavori, BIANCA e LA MESSA E' FINITA, strutturati
e non a caso ruotanti attorno a "storie" non convenzionali e
non limitanti il suo estro; CARO DIARIO e PALOMBELLA ROSSA, invece, vivevano
del fortissimo pathos privato e pubblico che li sorreggeva ], sempre alla
ricerca del "quid" mancante a volte fornito dall'esterno [ leggasi
Cerami… ], con dubbia sincerità e totale incapacità di restare
nell'ombra.
Almeno Verdone non è passato da una scuderia all'altra e quello
che fa lo fa sempre nella cucina di casa sua, con gli odori e i profumi
della Roma incasinata in cui è nato e vive.
Detto questo, fatta questa megaprecisazione, raccontiamo di due piacevoli
ore a ridere sommessamente di quello che abbiamo visto: coatte cinquantenni
respinte da figlie migliori delle madri; gay col solito problema dell'outing
[ ehm, siamo nel 2003… ]; quarantenni illuse che il solito amante lasci
la canonica moglie insopportabile; trentenni divisi tra rave privati e
bulimia internettiana, etc.
Ma è chiaro che non si vuole andare oltre l'atto di presentazione
sul palco di questo avanspettacolo moderno, oserei dire una specie di
bagaglino dove si imita e si fa il verso alla gente comune, quella che
riempie il Parioli di Costanzo, tanto per essere chiari.
A dir la verità non viene voglia d'infierire, perché Verdone
forse non vuole altro [ e a nostro modo di vedere non l'ha mai voluto,
neanche ai tempi di MALEDETTO IL GIORNO CHE TI HO INCONTRATO ] ed è
persona troppo "onesta" per arrabbiarsi seriamente [ come è
giusto fare, invece, immaginando il tristissimo Cerami che tortura Benigni
durante logorroiche sedute in trattoria romana a pianificare a tavolino
-è proprio il caso di dire…- i "grandi successi internazionali"
sull' Olocausto, Pinocchio e , ora, Dante [ Dio ce ne scampi e liberi!
], che secondo loro significa volare basso [!?!], quando ci avevano fatto
venire il sospetto di voler tirare fuori un BIBLE IS BEAUTIFUL o un' ultima
tentazione di Cristo per i palati della Miramax, degli americani, del
mondo intero ].
E' proprio, forse, la troppa sincerità e bon[arie]tà di
V. che ci fa essere modestamente simpatici quasi tutti i personaggi, imbranati,
stufi di tutto, imparanoiatissimi e per di più presi nella rete
di questa improbabilissima auto-terapia condotta nei reciproci appartamenti.
Ma…c'è sempre un ma: un paio di situazioni andavano sviluppate
o, al limite, avrebbero potuto costituire argomento per una storia a sé,
anche per motivi di affinità generazionale tra i due caratteri:
la sempre più "esposta" [finalmente!] ANITA CAPRIOLI,
anche se ancora un po' sacrificata, e il non malvagio STEFANO PESCE, strappato
all'insulsa clonazione del sopravvalutatissimo Accorsi [ che , ohibò!,
è più giovane e ha studiato meno, specie a teatro, del qui
presente attore verdoniano è bolognese anch'egli…!!!! ].
Cioè i due personaggi della bulimica studentessa universitaria
che s'innamora via-web dell'artistoide e dolcemente poetico Orpheus, che
poi si rivelerà essere proprio il Pesce , potevano crescere bene
insieme ed essere approfonditi, ampliati, lavorati, anche perché
nei minuti loro concessi i due attori "creano un' atmosfera"
altrove non presente nel film, che non a caso ricorda SANTAMARADONA et
similia.
Aspettiamo, quindi [ e di questo ringraziamo sentitamente Verdone ], ad
un'altra eventuale circostanza d'incontro professionale lo sviluppo di
questi buoni spunti, decisamente "nelle corde" dei suddetti
attori.
Per concludere: laddove Buy, Catania & co. hanno ormai mostrato se
stessi sino, ad essere pienamente conosciuti per le loro capacità
professionali, è molto grave e anche un po' triste, che una Caprioli
- teatro off-off in Inghilterra, Ferrario-Odorisio-Salvatores-Ponti in
Italia - e il buon Pesce formatosi a teatro, debbano faticare - forse
perché appena pre o post trent'enni…- così tanto per avere
visibilità e giuste chances!
Che gli articoli benedetti su CIAK e FILM TV dedicati ad Anita - mi fa
ridere l'intervistatrice che dice "la finalmente non solo bella Caprioli"…
- riescano nell'intento di fornire almeno a lei nuove e più stimolanti
e complete occasioni professionali!
Link:
www.machecolpaabbiamonoi.it
Voto: 25/30
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