LOONEY TUNES:

BACK IN ACTION

di Joe Dante

(Animazione)

di Marco GROSOLI

Che il cartoon fosse una cosa molto seria nel complesso della cultura americana (diciamo pure occidentale) non è certo una novità. Men che meno i frullati postmoderni di immaginario con tanto di autoreferenzialità, cose invecchiate da decenni. Il nuovo film di Dante, pur reggendosi su simili vetuste stampelle, ci sembra tuttavia di straordinaria vitalità e importanza. Tralasciando la ridicola trama di cui i personaggi stessi ribadiscono via via con esplicite battute la assoluta prevedibilità, la sua è un opera molto complessa, inassimilabile alle accozzaglie pseudopop alla Sonnenfeld (Wild wild west), molto ambiziosa. L’ibrido (simile all’epocale Chi ha incastrato Roger Rabbit? di Robert Zemeckis) tra cinema come siamo abituati a vederlo e animazione ha una valenza immediatamente metacinematografica. Ciò che ci dice è questo: la “nuova new hollywood” postmoderna è, come sappiamo, riciclo a getto continuo di trame e brandelli filmici in una combinatoria impazzita e bastante a se stessa, proprio allo stesso modo del proliferare infinito di forme del cartoon. Ma anziché adagiarsi (anche se in modo geniale o sublime, secondo alcuni) come p. es. i Coen su questo assunto decostruendo e ricostruendo le forme della Hollywood che fu (Prima ti sposo poi ti rovino come meta-sophisticated-comedy definitiva), Dante lo assume come mero punto di partenza per un gioco di semplice assemblaggio di “immaginario disintegrato” potenzialmente senza fine. Non chiude cioè la decostruzione dell’immaginario in una forma compiuta (e infatti il film è in partenza inconciliabilmente SCISSO, tra animazione e profilmico tradizionale), bensì le toglie ogni freno per ambire alla pura DINAMICA narrativa senza sbocco, perpetua. Le immagini dunque come unità minime che si rincorrono l’una appresso all’altra all’infinito: puro movimento. Se ne L’uomo che non c’era un Edward Hopper (per esempio) è presente in senso strutturale, a informare le basi visive di certe parti del film, al contrario in Looney tunes: back in action troviamo una lenta carrellata all’indietro lungo i corridoi del louvre in cui i personaggi cartooneschi più disparati si mescolano e interagiscono con le grandi forme della storia dell’arte ("L’urlo" di Munch o gli orologi dissolventisi di Dalì) che scorrazzano fuori dalla cornice. Nel primo caso una forma nata dalla decostruzione di una precedente, nel secondo un contenitore vuoto che vede dibattersi senza risoluzione i lacerti di immaginario decostruiti. Guardacaso, in una delle prime scene c’è un cameo di Roger Corman, e sappiamo bene quanto la sua geniale pratica postartigianale di spezzettamento e riutilizzo dei materiali della grande hollywood classica morente sia vicina a questo rincorrere il puro movimento di forme e situazioni.
 

Voto: 28/30

21.11.2003

 


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