
Torna la figlia (e cugina) d’arte con i suoi ritratti malinconici dopo
Il giardino delle vergini suicide.
Questa è la storia di un uomo di mezza età in piena crisi, di quelle che
passano acquistando una porsche, e di una giovane donna neolaureata e
neomoglie che si incontrano nelle notti di Tokyo insonni, annoiati e
infelici. Testimoni della follia del mondo, trascorrono qualche giorno di
vita l’uno accanto all’altro dopo essersi riconosciuti come animi affini tra
la folla. Sofia ha talento nel ritrarre la tristezza e l’immobilità
dell’alta borghesia americana e ce lo dimostra anche per contrappunto,
inserendo, cioè, la sua storia malinconica in un contesto che ha velleità di
comico-ironico, ma non salta nemmeno la staccionata del ridicolo, come
volesse dirci: “Per farvi ridere devo ridurmi a sottolineare che i
giapponesi hanno difficoltà a pronunciare le erre e sono bassi, lasciatemi
tra le mie fanciulle suicide e non dite che sono noiose, per favore”. La
tragedia vera in tutto questo sta nel fatto che durante la proiezione
riservata alla stampa c’erano molti spettatori con le convulsioni per il
gran ridere e constatare che questi espedienti da entry level della comicità
razzista funzionano ancora non è stato avvenimento da poco. A me poi il
turbamento passa, ma provate a pensare alle ripercussioni che ci sarebbero
sul cinema (di alto budget) se la Coppola si dovesse convincere di avere una
vis comica, mettetevi una mano sulla coscienza e smettete di ridere.
Voto: 20/30
31.08.2003
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