
Facciamo un quiz. Poniamo il caso che
vostra madre sia un’ardente berlusconiana, pronta a morire per la causa del
partito. Un brutto giorno, vi vede sfilare in un corteo noglobal, proprio
mentre la polizia vi sta caricando di manganellate. Dallo spavento, ha un
infarto e cade in coma profondo. Dopo qualche giorno, Berlusconi viene
condannato per corruzione, crolla il governo, arrivano i comunisti e fanno
la rivoluzione.
Al suo risveglio, parecchi mesi dopo, la mamma non sa ovviamente nulla di
quanto è accaduto, mentre il medico vi avverte che anche il più piccolo
turbamento emotivo le sarebbe fatale.
Che fate, dunque? La mettete al corrente sul ribaltamento della vita
politica del Paese e sulla fine del suo beniamino politico? O cercate di
nasconderle l’accaduto e fate finta di niente? Se per voi è buona la
seconda, non troverete scoraggiante, pur di salvare vostra madre, di
imbattervi in una serie incredibile di difficoltà, dato che il nuovo regime
ha cancellato in tutta fretta i segni del regime precedente: è sparita ogni
traccia di capitalismo, dalla CocaCola ai McDonalds’, l’informazione ha
cambiato padrone e probabilmente è in corso un bell’embargo economico. Il
liberismo economico è un ricordo e ognuno ha finalmente un lavoro, anche se
con stipendi un po’ bassi. Vostra madre sembra peraltro stare meglio, anche
se avrete del bello e del buono per procurarle la Nutella e le merendine
Kinder che ama tanto. Ma la cosa straordinaria sarà che, dopo un po’,
proprio questi simboli del regime passato che avete tanto combattuto, tutto
ciò che avete sognato di veder cancellato un bel giorno dalla faccia della
terra, tutt’ad un tratto assumeranno un’importanza capitale, quasi
sentimentale. Forse non vi troverete a rimpiangere Emilio Fede o le veline o
il Grandefratello, ma comincerete a guardarli con un occhio più tenero ed
accondiscendente, ad accettarli come parte della vostra storia, una storia
in cui avevate forse creduto e nella quale siete comunque stati immersi fin
dalla nascita.
Quello di Becker in Goodbye, Lenin!
non è esattamente un occhio nostalgico, o perlomeno non vi è traccia di un
vero rimpianto storico nella vicenda narrata e tantomeno di un giudizio
politico. Ribaltando il nostro quiz, nel film il passaggio di regime è
quello segnato dalla caduta del muro di Berlino, quando, nel 1989, si mise
fine al regime socialista nella DDR. Da allora, sforzi enormi furono fatti
per allontanare la memoria fisica del ‘muro’ e del suo ingombrante valore
urbanistico, tanto che, se si visita Berlino oggi, ci si rende conto che le
vestigia del regime filosovietico hanno quasi lo stesso valore simbolico
delle rovine di Pompei o delle Piramidi, di cui, peraltro, qualcosa di
solido (e anche grosso) si è conservato, mentre il muro berlinese sembra
essersi letteralmente volatilizzato.
In soli quattordici anni, Berlino si è allineata faticosamente alle altre
capitali europee, in una corsa sfrenata ed entusiastica verso la
cancellazione di ogni segno formale di vita socialista. L’immersione nel
modello di vita capitalistico è riuscita così bene che, insieme ai molti
vantaggi, la Germania scopre da qualche tempo, con la recessione economica
mondiale, anche gli inevitabili svantaggi (primo fra tutti, una
disoccupazione a livelli record).
Come molte scelte radicali, anche questa ha portato con sé grandi sofferenze
e non pochi problemi, pur essendo evidentemente una svolta inevitabile, alla
quale è stato necessario sacrificare un idealismo collettivo che aveva
sostenuto il paese per quarant’anni, rischiando un salto nel buio senza
precedenti, pur di dare una svolta definitiva ad una situazione
insostenibile.
Difficile è anche, metaforicamente, la scelta di Alex, il protagonista del
film, bloccato, per il terrore di perdere la madre, in un passato che non
gli appartiene più, mentre il mondo intorno a lui sta radicalmente
cambiando. La sua è una corsa contro il tempo, come forse lo era quella dei
Tedeschi dell’Est, che, mentre da noi si sfrecciava in BMW, arrancavano
orgogliosi sulle loro Trabant di legno. Alla fine, accerchiato da Burger
King e Coca Cola (ma soprattutto da una saggia fidanzata ormai rassegnata
all’occidentalizzazione) anch’egli dovrà arrendersi, anche se venderà cara
la pelle... Divertente e commovente, non stupisce che
Goodbye, Lenin! abbia
meritato l’Orso come miglior film europeo al Festival di Berlino e sia
campione d’incassi in Germania. Una nota di merito all’efficace
ricostruzione scenografica e ad un cast di attori molto riuscito.
Link:
http://www.good-bye-lenin.de
Voto:28/30
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