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Seguendo le prime scene dell’ultimo film del maestro William Friedkin non può non tornare alla mente il campione di incassi degli anni 80, il film che ha lanciato la moda di vestirsi in stile militare, che ha catturato anche i colletti bianchi più sedentari portandoli a seguire corsi di sopravvivenza nel cuore della giungla e che infine è divenuto uno squallido giochino “sparatutto”, prima in versione da bar con una visione oggettiva dall’alto e poi, sotto diverse spoglie, un gioco in soggettiva continua con tanto di spruzzi di sangue ed urla di moribondi. Non possiamo altresì dimenticare la meravigliosa parodia messa in scena da Al Jankovic all’interno dello sconquassato film U.H.F. I Videoidioti, che vedeva un Rambo schivare raffiche di mitra della durata di diversi minuti stando immobile, per poi annientare il nemico con una freccia. Rambo, interpretato da un Sylvester Stallone al culmine della sua carriera da sex symbol, era l’eroe che, sopravvissuto agli orrori della guerra, continuava ad essere perseguitato da questa come lo si è da un fantasma. Come senza motivo era stato costretto ad uccidere, allo stesso modo, tornato nella società cosiddetta normale, continuava a subire delle atrocità e delle ingiustizie che lo vedevano ancora una volta vittima dei meccanismi dei più forti. Rambo combatteva con tutte le sue forze, si cuciva le ferite come una brava massaia, costruiva in pochi minuti armi micidiali, tendeva trappole con meccanismi sadomaso ed alla fine sgominava interi eserciti con la facilità con la quale noi tutti andiamo a lavorare e torniamo a casa. Questo perché l’ottimismo di quel periodo faceva sì che tornare a casa fosse un “must”. Ma oggi, il nostro Rambo ce la farebbe, schiacciato dal sistema che non permette a nessuno di discostarsi di una virgola dalle direttive del commercio globale (assolutamente non europee), a vincere la sua battaglia fatta di ideali votati alla sola sopravvivenza? La risposta che ci dà Friedkin è desolante. Se Rambo, psicologicamente parlando, pur essendo ai margini della società, riusciva a fare il vagabondo, tra una guerriglia e l’altra, ad Aaron Hallam, non resta altra via d’uscita che essere “ritirato” dal suo stesso costruttore, come accadeva ai replicanti di Scott. Non c’è più spazio per chi combatte contro i cacciatori di cervi, non c’è più spazio per chi si oppone al meccanismo del più forte. In breve, la speranza che Rambo ci lasciava alla fine di ogni storia cede il posto alla desolazione, al futuro sempre uguale senza nessuna scossa, al consumo continuo in barba a chiunque subisca o commetta atrocità in giro per il mondo. Rimane il suo insegnante che lavora per il wwf e difende il lupo bianco dalle trappole. Quel tanto che basta per tenere buona la coscienza ed i sensi di colpa.L’ultimo film del regista de L’esorcista nonché premio Oscar per Il braccio violento della legge, è la storia di un uomo addestrato per uccidere, il quale perde il controllo a causa di tutte le atrocità vissute nella guerra in Kosovo. William Friedkin è un regista che riesce ad intrattenere nonostante dietro i suoi film si nasconda uno studio molto meticoloso che ha radici nel documentarismo. Inoltre Friedkin è molto legato al cinema italiano e per questo film ha ammesso di essersi ispirato sia a Fellini, per quanto riguarda l’immagine della bambina alla fine de La dolce vita, che alle tecniche di Michelangelo Antonioni per quanto riguarda i continui cambiamenti di inquadratura. Le bambine rappresentano la purezza che il protagonista ha perduto come dimostrava Mastroianni nel capolavoro di Fellini, non riuscendo a capire il linguaggio della bambina innocente. Più difficile risulta il trovare un nesso tra le tecniche di Antonioni e quelle di Friedkin. La sua formazione di documentarista emerge nel personaggio interpretato da Tommy Lee Jones, che prende spunto dall’amico del regista Tom Brown Jr. Quest’uomo pur non essendo un militare, ha addestrato le forze speciali americane a sopravvivere, difendersi ed uccidere. L’aspetto che ha colpito Friedkin è il fatto che pur insegnando ad uccidere, Brown non ha mai ucciso nessuno. Stessa cosa accade all’insegnante L.T. Bonham che dovrà recuperare il suo migliore allievo Aaron Hallam, interpretato dal premio Oscar Benicio Del Toro. I due protagonisti hanno preso lezioni dagli insegnanti migliori delle forze speciali americane, hanno imparato l’arte marziale filippina Kali ed a realizzare armi efficaci utilizzando semplici rocce o pezzi di ferro arrugginito. I due premi Oscar danno il meglio di sé e Friedkin riesce a mettere in evidenza la follia della guerra ed i mostri che riesce a creare. Il personaggio interpretato da Tommy Lee Jones è un uomo qualunque che senza rendersene conto ha contribuito alle atrocità della guerra ed oggi vive in un continuo susseguirsi di sensi di colpa. Se Rambo ci diceva che una via d’uscita dal meccanismo animalesco dell’omicidio era possibile, questo film non lascia molto spazio alla speranza e la realtà che viviamo quotidianamente sembra confermarcelo.
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Fabio SAJEVA |
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