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![]() LANTANA è il nome che identifica un tipo di pianta, il cespuglio in primissimo piano che apre il film, ma anche un luogo geografico, una foresta fatta di silenzi e segreti, una zona nascosta e "ghiacciata" dell'anima, dove l'intricato rincorrersi dei rami che diventano foglie e la corsa affannata di una donna, sono entrambi metafora sommessa ed esplicita allo stesso tempo del dipanarsi, sempre più complesso e sofferto, di percorsi interiori e privati tessuti da un gruppo di coppie casualmente e inevitabilmente in crisi affettiva. L'intreccio - termine mai così pertinente per definire il dedalo di sviluppi silenziosi che prende la trama, oltre che per disegnare con tratto sicuro la scenografia fisica, naturale e artificiale, posta "dietro" le figure in primissimo piano [non a caso ci capita di credere di trovarci all'interno di un bellissimo tv-movie, dove l'insistita osservazione del paesaggio di rughe e tratti del viso in costante stato di tensione giustifica il ricorso ad uno stile solo apparentemente televisivo] - prende il via dalla scomparsa improvvisa di una psicanalista, Barbara Hershey, convinta della relazione omosessuale del marito, da tempo distante e distratto, spezzato dalla tragedia della perdita della loro figlia. L'evento iniziale scoperchia un mondo nuovo di antiche incomprensioni e fa sì che si proceda per successive rivelazioni, garantite dall'ascolto dei nastri delle sedute psicanalitiche cui parteciparono la moglie del detective, sospettato di relazione extraconiugale, e un altro cliente gay. Attraversando gli strati successivi di cui è composta la materia del dolore, i personaggi vedono cadere i veli, i leggerissimi diaframmi precedentemente posti a copertura della reale natura dei loro rapporti, procedendo per smantellamenti di sicurezze mal costruite e volontari atti di non preparata auto-colpevolizzazione, agiti a mo' di contrappeso vendicativo di quelle rivelazioni sgradite: il detective confessa il suo tradimento alla moglie, appena dopo averne scoperto un segreto nascosto, ma ciò non gli impedisce, nel pieno di una personale e mal gestita deriva morale, di riprendere la messa in scena, quando il ruolo che ricopre lo porta a farsi paladino di fedeltà e tolleranze coniugali sconosciute. LANTANA procede sommessamente, ma allo stesso tempo con decisione, verso un progressivo smantellamento della fragile impalcatura sulla quale poggiano i rapporti che legano fra loro persone disidratate nell'anima ed emotivamente condotte verso esperienze borderline in un contesto privato. La materia filmica si adegua a tutto ciò - in alcuni casi anche troppo - riuscendo a farci disinteressare al plot vero e proprio, dal momento che i topoi classici del modello narrativo di riferimento, che è a tutti gli effetti una detective story, sono visitati distrattamente e fuori dalle convenzioni: il personaggio che indaga esce dai canoni precostituiti da un secolo di cinema di genere, privo com'è di saggezza trasandata e scarna risolutezza, mentre la stessa organizzazione di un apparato visivo evita ambientazioni poste ai margini del contesto urbano, privilegiando paesaggi domestici in chiaroscuro, all'interno dei quali la macchina da presa si muove come in un acquario. Il modello narrativo cui si accennava, è anzi doppio: detective story e thriller psicologico, il che significa, in assenza di una traduzione filmica del primo, predominanza del dialogo interiore e non tra personaggi dai tratti sfumati, perché partecipi di una condizione di trattenuta ambiguità psicologica, raccontata attraverso una sequenza di "quadri" devitalizzati e nature morte che fanno a meno dell'idea di scena e si susseguono, invece, lungo la linea regolare di confessioni a innesco successivo. Il cui necessario contrappunto visivo è costituito da una teoria di campi e controcampi quasi infinita, di primi piani dove il plot va inteso solo come intreccio di rapporti complessi tra anime in stato di allerta morale, che va sciogliendosi davanti ai nostri occhi senza coup de theatre, ma solo come esito di un'affabulazione dolorosa da noi ascoltata in diretta. Sul terreno, al termine di questa battaglia en ralenti di parole e di pensieri, rimane, certo, il più classico dei cadaveri, ma non come effetto delle premesse interne a quel racconto e a quel raccontarsi confessando, bensì, quasi a voler ulteriormente disossare eventuali corpi narrativi tradizionali, come vera e propria interpolazione testuale e, altrimenti, come esito casuale e innecessario di eventi lontani anni luce dall'esplicita violenza fisica di un assassinio. Voto: 28/30 |
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Gabriele
FRANCIONI |
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