Il mondo dorato della finanza newyorchese, la
scaltrezza e il cinismo di chi conosce e abita quel mondo e la crisi
economica attuale sono i temi fondamentali de La Frode, thriller
interpretato da Richard Gere e Susan Sarandon. Nato e cresciuto a New York
in mezzo a imprenditori e operatori finanziari, Nicholas Jarecki, al suo
debutto alla regia, firma un film ricco
di tensione rendendone ambientazione e mood con grande realismo ed effetto.
Robert Miller è un sessantenne di successo nel mondo dell’alta finanza
americana. Ha una bella famiglia, è ancora attraente e conduce una vita
molto agiata. Ma dietro la facciata dorata, nasconde una bella e giovane
amante e, soprattutto, il disperato tentativo di vendere il suo impero
finanziario ad una grande banca prima che le frodi che ha perpetrato per
anni vengano scoperte.
Jarecki, catturato dagli eventi del crollo economico del 2009 - e da un
ambiente a lui famigliare – cominciò a pensare a quelle ville di duemila
metri quadri nella New York in cui era nato: “Pensavo a un uomo che vive in
una residenza come quella – che genere di persona è? Beh, se è lì che abita,
allora certamente deve essere ricco. E con i soldi arrivano i problemi.
Mettiamo che una volta era una brava persona, ma che diventando sempre più
ricco la sua vita sia diventata più complicata e corrotta, perché il denaro
gli consente di vivere al di là dei confini della morale comune. Ora, a chi
ne dovrà rispondere quando le cose si mettono male e il mondo gli crolla
intorno (come è’ successo a tutti nel 2009)? E cosa farà per proteggere se
stesso e la sua famiglia? È così che è nato il personaggio di Robert
Miller”.
La profonda recessione che, a partire dal 2008, rasenta la depressione
economica è causata dal crac del mercato immobiliare degli Stati Uniti:
molte aziende chiudono i battenti; altissimi grattacieli diventano edifici
fantasma. Per molti anni, Miller è una persona di successo sotto tutti i
punti di vista; all’improvviso si trasforma in un semplice prodotto dei
mercati che nel 2009 crollano miseramente e diventa un uomo i cui giorni
sono contati perché ha oltrepassato i limiti dell’accettabile. Le sue
decisioni non sono sempre morali, ma di solito giustificate da
presumibilmente buone ragioni. “Certamente ama moglie e figli - spiega
Jarecki - e ama anche il brivido d’avere un’amante e di vivere al top del
mondo. La vera questione è se ama di più se stesso e questo è ciò che si
pensa all’inizio del film”. Ma lo spettatore è talmente affascinato da
questo seducente personaggio che non può non stare dalla sua parte e
“scagionarlo”: si mette in moto una sorta di rovesciamento della prospettiva
per cui quello che, normalmente, sarebbe immorale si prospetta come
fascinoso e intrigante.
D’altronde, in questo meccanismo si rivela acutissima la scelta di Richard
Gere come protagonista perché “era sufficiente che lui indossasse giacca e
cravatta e immediatamente il personaggio prendeva corpo”. Già. Si completa
qui il processo di vestizione - emblema di una profonda trasformazione ed
evoluzione sociale - da cui Gere era partito nel 1980 in
American Gigolò, con le mille
giacche e camicie alla moda firmate da Giorgio Armani, e che era proseguito
due anni dopo in Ufficiale e
Gentiluomo, con la conquista della divisa e, con essa, di uno status
sociale accettabile, per poi arrivare nel 1990 a “vestire i panni” seriosi –
e firmati Cerruti - del ricco manager di
Pretty Woman. Ancora, ne
La Frode, il fascino
irresistibile del personaggio di Gere è definito visivamente attraverso i
suoi abiti, perfettamente disegnati sulla sua fisicità: un fascino sempre
curatissimo perché Miller sa bene che per apparire senza macchia negli
affari deve anche mostrarsi impeccabile esteriormente. E, dopotutto, è
emblematica la scena che precede il vernissage quando Miller, agitato perché
deve incontrare il grande banchiere a cui sta per vendere il suo impero in
frantumi, non riesce a decidere quale cravatta indossare. Una citazione,
forse, perché qui il riccone di Pretty Woman sembra aver smarrito un po’ del
suo charme così come l’happy ending d’amore e così come il buon andamento
dei suoi affari. Gere ha dichiarato che tra i motivi che l’hanno spinto a
interpretare il ruolo di Miller ha giocato un ruolo fondamentale
l’impressione sull’etica del nostro tempo: “quali sono i confini di un
comportamento accettabile, e non soltanto negli affari o in politica, ma
anche sul piano personale?”.
Si sente, fortemente, nel film questo scoraggiamento di una crisi profonda,
questa minaccia di una recessione in tutto il mondo, ma anche la sensazione
di essere spiati, scoperti nelle proprie pecche. Jarecki mostra al pubblico
come funziona il mondo della finanza e di come gli operatori manipolino il
sistema e, per far questo, crea un personaggio affascinante e sofisticato,
ma anche ipocrita perché usa stratagemmi e sfrutta la ricchezza – e il
potere che da essa deriva - per creare delle proprie regole.
Per rendere il film ancora più realistico e dargli un look attuale, Jarecki
sceglie di girare proprio a New York e, avendo molte conoscenze in
quell’ambiente, ha avuto accesso a luoghi in cui normalmente non è permesso
girare come alcuni edifici simbolo di Manhattan come il Four Season e il GM
Building. Luoghi molto glamour, ma capaci anche di trasmettere al pubblico
una sensazione latente di tristezza. La Frode è stato filmato in 35mm e ci
sono volute settimane di postproduzione per ritoccare il colore ed ottenere
la più bella qualità d’immagine possibile e – per dirla con le parole dello
stesso regista – “per dipingere uno strano, variegato ritratto della nostra
New York dorata, un po’ caotica e incasinata – proprio come lo è Robert
Miller”. |