la frode

di Nicholas Jarecki
con Richard Gere, Susan Sarandon

e con Tim Roth, Laetitia Casta

di Lilith Zulli

 

27/30

 

Il mondo dorato della finanza newyorchese, la scaltrezza e il cinismo di chi conosce e abita quel mondo e la crisi economica attuale sono i temi fondamentali de La Frode, thriller interpretato da Richard Gere e Susan Sarandon. Nato e cresciuto a New York in mezzo a imprenditori e operatori finanziari, Nicholas Jarecki, al suo debutto alla regia, firma un film ricco di tensione rendendone ambientazione e mood con grande realismo ed effetto.
Robert Miller è un sessantenne di successo nel mondo dell’alta finanza americana. Ha una bella famiglia, è ancora attraente e conduce una vita molto agiata. Ma dietro la facciata dorata, nasconde una bella e giovane amante e, soprattutto, il disperato tentativo di vendere il suo impero finanziario ad una grande banca prima che le frodi che ha perpetrato per anni vengano scoperte.
Jarecki, catturato dagli eventi del crollo economico del 2009 - e da un ambiente a lui famigliare – cominciò a pensare a quelle ville di duemila metri quadri nella New York in cui era nato: “Pensavo a un uomo che vive in una residenza come quella – che genere di persona è? Beh, se è lì che abita, allora certamente deve essere ricco. E con i soldi arrivano i problemi. Mettiamo che una volta era una brava persona, ma che diventando sempre più ricco la sua vita sia diventata più complicata e corrotta, perché il denaro gli consente di vivere al di là dei confini della morale comune. Ora, a chi ne dovrà rispondere quando le cose si mettono male e il mondo gli crolla intorno (come è’ successo a tutti nel 2009)? E cosa farà per proteggere se stesso e la sua famiglia? È così che è nato il personaggio di Robert Miller”.

La profonda recessione che, a partire dal 2008, rasenta la depressione economica è causata dal crac del mercato immobiliare degli Stati Uniti: molte aziende chiudono i battenti; altissimi grattacieli diventano edifici fantasma. Per molti anni, Miller è una persona di successo sotto tutti i punti di vista; all’improvviso si trasforma in un semplice prodotto dei mercati che nel 2009 crollano miseramente e diventa un uomo i cui giorni sono contati perché ha oltrepassato i limiti dell’accettabile. Le sue decisioni non sono sempre morali, ma di solito giustificate da presumibilmente buone ragioni. “Certamente ama moglie e figli - spiega Jarecki - e ama anche il brivido d’avere un’amante e di vivere al top del mondo. La vera questione è se ama di più se stesso e questo è ciò che si pensa all’inizio del film”. Ma lo spettatore è talmente affascinato da questo seducente personaggio che non può non stare dalla sua parte e “scagionarlo”: si mette in moto una sorta di rovesciamento della prospettiva per cui quello che, normalmente, sarebbe immorale si prospetta come fascinoso e intrigante.
D’altronde, in questo meccanismo si rivela acutissima la scelta di Richard Gere come protagonista perché “era sufficiente che lui indossasse giacca e cravatta e immediatamente il personaggio prendeva corpo”. Già. Si completa qui il processo di vestizione - emblema di una profonda trasformazione ed evoluzione sociale - da cui Gere era partito nel 1980 in American Gigolò, con le mille giacche e camicie alla moda firmate da Giorgio Armani, e che era proseguito due anni dopo in Ufficiale e Gentiluomo, con la conquista della divisa e, con essa, di uno status sociale accettabile, per poi arrivare nel 1990 a “vestire i panni” seriosi – e firmati Cerruti - del ricco manager di Pretty Woman. Ancora, ne La Frode, il fascino irresistibile del personaggio di Gere è definito visivamente attraverso i suoi abiti, perfettamente disegnati sulla sua fisicità: un fascino sempre curatissimo perché Miller sa bene che per apparire senza macchia negli affari deve anche mostrarsi impeccabile esteriormente. E, dopotutto, è emblematica la scena che precede il vernissage quando Miller, agitato perché deve incontrare il grande banchiere a cui sta per vendere il suo impero in frantumi, non riesce a decidere quale cravatta indossare. Una citazione, forse, perché qui il riccone di Pretty Woman sembra aver smarrito un po’ del suo charme così come l’happy ending d’amore e così come il buon andamento dei suoi affari. Gere ha dichiarato che tra i motivi che l’hanno spinto a interpretare il ruolo di Miller ha giocato un ruolo fondamentale l’impressione sull’etica del nostro tempo: “quali sono i confini di un comportamento accettabile, e non soltanto negli affari o in politica, ma anche sul piano personale?”.
Si sente, fortemente, nel film questo scoraggiamento di una crisi profonda, questa minaccia di una recessione in tutto il mondo, ma anche la sensazione di essere spiati, scoperti nelle proprie pecche. Jarecki mostra al pubblico come funziona il mondo della finanza e di come gli operatori manipolino il sistema e, per far questo, crea un personaggio affascinante e sofisticato, ma anche ipocrita perché usa stratagemmi e sfrutta la ricchezza – e il potere che da essa deriva - per creare delle proprie regole.
Per rendere il film ancora più realistico e dargli un look attuale, Jarecki sceglie di girare proprio a New York e, avendo molte conoscenze in quell’ambiente, ha avuto accesso a luoghi in cui normalmente non è permesso girare come alcuni edifici simbolo di Manhattan come il Four Season e il GM Building. Luoghi molto glamour, ma capaci anche di trasmettere al pubblico una sensazione latente di tristezza. La Frode è stato filmato in 35mm e ci sono volute settimane di postproduzione per ritoccare il colore ed ottenere la più bella qualità d’immagine possibile e – per dirla con le parole dello stesso regista – “per dipingere uno strano, variegato ritratto della nostra New York dorata, un po’ caotica e incasinata – proprio come lo è Robert Miller”.

arbitrage
Stati Uniti 2012, 107'
DUI: 14/03/20132

Thriller