Se l'inno alla "diversità" di ogni essere umano e alla salvaguardia
delle sue peculiarità biologico-comportamentali fa una fatica tremenda a
trovare finanziamenti e, in sala, non ottiene un buon riscontro, vuol
dire che decenni di lotta non sono serviti a molto. Gli anni in cui
Alfred Kinsey - biologo, ricercatore indefesso, sessuologo - spese
enormi energie per contro-categhizzare le menti vergini (?) e bigotte
degli americani, andarono dai Quaranta sino al decennio successivo,
risultando poi decisivi per aiutare il nascere di tutti i movimenti di
liberazione pre e post-sessantottini. Non sono serviti perché il
puritanesimo degli Stati Uniti è nel dna stesso della nazione e
rinunciare a certi principi fondativi di un'"idea" di popolo, specie per
il cupo e retrogrado medioevo bushiano, è inimmaginabile.
Nel 2005 l'America si chiude a riccio verso
i Michael Moore e i Bill Condon (il regista di KINSEY ha un passato come
sceneggiatore e regista di horror e splatter, vedasi CANDYMAN 2, e di
riuscitissime riletture del milieu culturale e produttivo che vide
nascere quel genere, ovvero GODS AND MONSTERS, sulla figura dell'immenso
James Whale), mine vaganti all'interno di un sistema ostinatamente
chiuso in se stesso.
Condon passa da Frankenstein/ Whale, e dalle multiversità sessuali da
essi rappresentate, al "mostro" Kinsey, che annotava, con corretta
pedanteria da biologo, ogni presunta devianza presente nel modo di
pensare e agire dei suoi connazionali.
La plausibilità biologica, sosteneva, lungi dal giustificare tutto
(pedofilia, incesto, subalternità coatta della donna rispetto al
carnefice domestico, etc), aiuta principalmente a liberare da vincoli
coercitivi mentali e oggettivi le categorie umane più deboli, altrimenti
sottomesse a schemi e regole derivanti da assurde "gerarchie sessuali"
tramandatesi nei secoli.
L'attenzione alle cosiddette perversioni, poi, rientrava in questa
ottica e non aveva nulla di gratuito o morbosamente ossessivo, nella
mente spesso naif e pura di Kinsey.
All'epoca tutto era devianza: adulterio, sesso pre-matrimoniale,
autoerotismo...
Come ogni tribù che deve riprodursi, salvaguardandosi rispetto al
rischio di contaminazioni di natura esogena, la coppia-famiglia,
replicantesi e moltiplicantesi nella città e nella nazione, cercava
leggi di pura igiene presunta sulle quali basarsi, che erano poi la
maschera di un mantenimento ottuso di gerarchie studiate da e a favore
del maschio dominante.
Niente di più bestiale, quindi, niente di più rozzamente primordiale.
Ed è buffo pensare che, proprio i difensori di tale strumentazione etica
(appunto: bestiale), attaccassero il biosessuologo per l'assunzione
troppo diretta e, quindi, indebita di dati desunti dal mondo animale!
Gli stessi attacchi sul piano personale (intrecci amorosi con un
assistente, promiscuità all'interno dell'equipe di ricerca) erano
pretesti belli e buoni per mettere in cattiva luce un impianto teorico
che non escludeva affatto l'"amore" e la sua diretta influenza sui
comportamenti sessuali del singolo essere umano, tornato finalmente
padrone, proprio grazie a Kinsey, della propria libertà d'azione.
Migliaia d'interviste, schedature, dati: tutto veniva catalogato, ad uso
collettivo, sulla base di un modello statistico in 287 caselle, che era
alla base dei questionari.
In seguito, tutto ciò diventò un testo d'incredibile successo e portata
mediatica (per l'epoca), replicato successivamente in un altro libro
dedicato esclusivamente ai comportamenti sessuali della donna.
Ma gli americani, che già dal 1930 avevano cominciato a cibarsi di carne
in putrefazione - quella dei cadaveri dei primi horror della Universal -
e a familiarizzare con i primi drop-out del XX° secolo (uomini-collage
di altri umani, non-morti provenienti dall'est europeo e vagamente
assimilabili all'ebreo pronto a subire le persecuzioni di qualche anno
più tardi), non si rendevano conto che quei "diversi" altro non erano
che metafora esplicita dei portatori di una "anomalia" principalmente di
natura sessuale.
A tutt'oggi l'America non legge il sottotesto del cinema "di genere",
che dimentica presto e ghettizza come "prodotto" di consumo.
Lo stesso messaggio, se tradotto peraltro in linguaggio comprensibile e
piano, cioè l'unico riconoscibile dall'ingenuo yankee, non solo viene
recepito, ma drasticamente condannato e osteggiato.
Il film in sè, ad essere sinceri, non riesce a replicare la portata
innovativa di quell'idea eretica, forse perché troppo distratto dalla
necessità di un'adeguata cura nella ricostruzione storica e nel
tratteggio ridotto al minimo di psicologie che faticavano a "liberarsi"
ed esprimersi compiutamente, costrette come erano tra i rigidi statuti
morali del passato da una parte, e i precetti kinseyani dall'altra,
talvolta "misinterpretati" proprio dai suoi colleghi.
Forse sta qui il dilemma del caso-Kinsey e di ogni mente innovatrice: i
nuovi adepti non fanno altro che traslocare da un diktat all'altro, da
schemi a nuove regole, perché, in fondo, rispecchiano la tragica
mediocritas (etimologicamente intesa !) dell'uomo della strada, che
"chiama" il proprio carnefice-conduttore-duce poiché è incapace di darsi
un'autonoma e libera regola di vita.
Analogamente intesa, anche la libertà di Condon è abbastanza limitata:
dopo una metà abbondante di corretta ed asauriente ricostruzione
filologica visivamente convenzionale, il film azzarda qualcosa di
diverso: i volti degli intervistati in sovrapposizione sulla cartina
geografica degli "states", il b/n livido e crudo delle prestazioni
sessuali di una sessantenne, la chiaroscuralità del crepuscolo kinseyano,
il finale nella foresta...
E' poco, rispetto a GODS AND MONSTERS, ma non possiamo certo pretendere
di più da una produzione assai povera di mezzi e tutta votata alla
comunicazione piuttosto che all'espressione.
Cast sontuoso (Neeson, Finney, Hutton, Sarsgaard, Lithgow) per un'opera
corale, dove gli attori lavorano come un'equipe, dividendosi in
democrazia gli spazi filmici e mai pestandosi i piedi.
Voto: 26/30
26:03:2005 |