
Nella cittadina californiana di Visalia, nel
bel mezzo di una giornata apparentemente noiosa come tante altre, capita
all'improvviso qualcosa: un ragazzo, il Ken Park del titolo, si spara ad una
tempia in un parco pubblico, e riprende contemporaneamente il gesto con una
videocamera. Al posto di focalizzare l'accaduto, il film lo utilizza come
pretesto per spostare l'asse narrativo incontrando uno a uno quelli che
saranno i veri protagonisti, e per raccontare storie legate ad essi ed
intrecciate in qualche modo con quella del giovane morto suicida: un uomo di
mezza età, che tracanna birra e gioca a fare il duro, vessa il figlio
gracile e sensibile soltanto per reprimere la propria stessa debolezza,
generata dalla solitudine interiore e dall'altrui incomprensione, una donna
tradisce il marito col fidanzatino della figlia, un ragazzo che vive coi
nonni è solitario, paranoico, isterico, violento, e si masturba stringendosi
una corda attorno al collo per raggiungere l'orgasmo in ipossia, una ragazza
orfana di madre è vittima di un genitore ultracattolico e fanatico.
Dopo il forse sottovalutato e per certi versi soprendente
Kids (1995), Larry Clark
torna a fare coppia con lo sceneggiatore Hamony Korine per parlare
nuovamente di disagio giovanile; lo affianca questa volta Ed Lachman, e i
due curano insieme anche la fotografia, tra l'altro sovraesponendo ad arte
alcune riprese di momenti cruciali in esterni assolati per accrescerne
l'impatto emotivo, secondo un principio già applicato da Dario Argento ai
flashback di Tenebre.
Accusato da alcuni di ricercare spesso lo scandalo laddove in verità non
esiste, Clark va riconosciuto, al contrario, come autore di opere di
denuncia sociale decisamente coraggiose ed aggressive, sgradevolmente
realistiche e prodighe di emozioni vere, con la necessaria dose di violenza
e con sequenze di sesso soft che fanno impallidire, in quanto ad erotismo,
parecchi prodotti hard-core; in Ken
Park, rispetto a Kids,
si bada meno all'exploitation, che ha comunque la sua parte, mentre assumono
al contrario rilievo molto maggiore l'introspezione psicologica dei
personaggi, con tanto di definitivo abbattimento del già labile confine tra
buoni e cattivi, e la riflessione sulle tematiche sociali ed umane più
svariate, incluso un messaggio finale che la dice davvero lunga sull'annosa
questione dell'aborto.
Film indubbiamente discutibile, ma di peso non trascurabile nell'ambito di
una cinematografia statunitense sempre più impegnata a sfornare una dopo
l'altra produzioni inutilmente e falsamente rassicuranti.
Voto:26/30
11.07.2003
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