JIANYU

di Su Chao-Pin, John Woo

con Michelle Yeoh, Jung Woo Sung

di Marco GROSOLI

 

27/30

 

A scanso di equivoci: non è un film di John Woo. È un film di Su Chao-Pin, talento taiwanese su cui vale la pena scommettere - e Woo, giustamente, l’ha fatto. Già nelle sue due prove precedenti, Su si è contraddistinto per la capacità di prendere un genere “di striscio”, tangenzialmente, come una tabula rasa su cui installare idee e spunti non necessariamente pertinenti. In Silk (2006), per esempio, l’horror soprannaturale era un guscio di cui ci si liberava in fretta per poter sviluppare la bizzarra ipotesi di una base fisica e scientifica di un fantasmatico doppio visibile che si muove e vive simultaneamente al mondo reale nel suo stesso spazio. Better than sex (2002) era una teen comedy con insolite divagazioni kung-fu dietro alle quali traspariva una specie di fenomenologia del sesso adolescenziale.Jianyu è una sorta di inverso speculare del suo appena citato esordio dietro la macchina da presa. La cappa e la spada possiamo pure dimenticarcele: sono un mero involucro che nasconde un campo di battaglia ancora più indiavolato e infernale – il matrimonio. Quinto secolo dopo Cristo. Dopo essersi impossessata del cadavere del monaco Bodhi (che garantisce a chi lo detiene la supremazia assoluta nelle arti marziali), un’abile assassina lascia i compagni e si ritira a vivere in pace con l’aiuto di un chirurgo/mago che ne cambia le fattezze facciali. Diventa venditrice ambulante e si innamora di Jiang, un giovanotto imbranato senza arte né parte che ovviamente non conosce il di lei passato. Naturalmente, il cadavere di Bodhi, pur assai ben nascosto, continua a far gola a molti e ad attirare svariati predatori; i suoi vecchi compagni torneranno alla riscossa, ma sarà proprio allora che le cose si capovolgeranno: è lo stesso Jiang a rivelarsi un potentissimo guerriero sotto mentite spoglie.Se proprio vogliamo vederci qualcosa di Woo, dobbiamo rintracciarla meno dalle parti di Face/Off che dalle parti dell’incompreso Red Cliff, nel quale, a ben guardare tra le sue pieghe (e assai cattolicamente), la stessa sospensione dell’aggressività finiva per essere l’arma più belligerante di tutte. E in Jianyu questo è vero già dall’inizio, già quando Il Saggio di cui la protagonista si innamora si lascia uccidere da lei affinché la furia omicida di questa possa essere catarticamente “ripulita” ed abbandonata per sempre. Per come è congegnato il racconto (che rivela sempre pezzi di storia con calcolato ritardo rispetto al loro accadere), feriscono più le ellissi che la spada, più i buchi dell’azione che la loro gonfia sottolineatura grazie agli effetti speciali. L’uso spregiudicato di colori quasi da pop art sembrano consegnare il film a un piedistallo in cui il genere viene convocato solo retrospettivamente, e invece gli scontri violenti non cessano mai di sbilanciare questo apparente equilibrio “museale”.

Vale la pena insomma, anche qui, abbandonare la pretesa di trovarci davanti a un wuxia duro e puro, e avventurarci tra le pieghe di un racconto che (coerentemente con l’inestricabilità di pace e guerra che viene postulata), tanto tradizionale si vuole, tanto incline a deviazioni bizzarre pressoché in ogni scena si rivela. Non c’è situazione che non venga scardinata dall’interno da un particolare incongruo, fuori posto, subdolamente farsesco. Una rapina in banca girata come fossimo in un gangster movie degli anni 30, una lotta furibonda ingaggiata nel tinello di casa mentre la protagonista dorme senza mai svegliarsi a due metri di distanza, la pioggia al mercato che arriva immancabilmente al momento giusto per costringere i futuri coniugi a ripararsi sotto la stessa tettoia, l’imbranato Jiangu che si ritrova in casa una sensualissima guerriera che lo tenta in ogni maniera e lui le gira le spalle indisturbato, un eunuco che brama il cadavere di Bodhi per poter analizzare il circuito dei vasi sanguigni che gli permetta la ricrescita del “coso”.Ecco: proprio il sesso, con le sue dinamiche paradossali, è la “bussola” che Su Chao-Pin segue nell’inerpicarsi di sottotesti che infarcisce il racconto. Il sesso è una specie di “doppio fondo” del racconto, che spunta incongruo attraverso questa miriade di deviazioni rispetto al normale “sceneggiarsi”. Se il matrimonio è il trionfo dall’amore sessuale attraverso il suo annullamento e metamorfosi in una guerra infinita che va avanti ogni istante di vita vissuta insieme, la coreografia “fallica” delle spade e dei combattimenti trionfa solo dissolvendosi nella stabilità inerziale di un racconto che stabile non è per nulla.

 

11:09:2010