
In passato
c’era il futuro. I titoli dei film indicavano date superiori al 2000 ed
evocavano un mondo lontano nel tempo e avanzato nella tecnologia dove i
grattacieli erano sempre più alti, le macchine volavano e un viaggio su un
altro pianeta era una passeggiata. Poi quelle fatidiche date sono state
raggiunte o per lo meno ci si è arrivati molto vicini e le ambizioni
sembrano essere diminuite. E’ vero che il 2001 non ha visto un’odissea nello
spazio accompagnata dai walzer di Strauss, ma non sarebbe impensabile una
Los Angeles popolata da androidi prodotti dall’ingegneria genetica nel 2019
o un leader rivoluzionario sostituito da un robot in una fantomatica
Metropolis del 2026.
Il film di Alex Proyas comincia proprio nel 2004, come se la fantascienza
fosse già una realtà. Infatti, nella prima scena ci viene mostrato il
protagonista, un istrionico Will Smith, che si sveglia al suono di un cd che
suona "Superstition" di Stevie Wonder in una stanza rinfrescata da un
malandato ventilatore. In realtà appena l’attore esce di casa veniamo subito
catapultati nel 2035, la vera ambientazione del film, ma il passaggio non è
poi così traumatico. Sembra un mondo assolutamente simile al nostro dove ci
sono auto con il pilota automatico, computer a comando vocale, robot che
svolgono i lavori pesanti al posto dell’uomo e grattacieli trasparenti di
grandi compagnie industriali che svettano al centro della città. Appare
quindi insensato l’atteggiamento nostalgico del protagonista verso un mondo
che non è poi molto distante, ma questo è vero soltanto in parte. Infatti,
una grande differenza viene introdotta con il robot protagonista Sonny,
realizzato con le stesse tecniche utilizzate per Gollum ne IL SIGNORE DEGLI
ANELLI. Sonny porta con sé tutta la filosofia di Asimov già rappresentata al
cinema ne L’UOMO BICENTENARIO, e quindi le domande sul significato e lo
scopo della propria esistenza (ripete “Io sono unico”), sulle proprie
differenze rispetto agli umani e sul tentativo di essere accolto come uno di
loro. Laddove il film di Columbus era attento nei contenuti espressi ma
prolisso nella forma utilizzata, qui il regista sceglie semplici accenni
alle tematiche uomo-robot e utilizza una forma iperveloce. Il film cerca di
garantire da un lato l’esigenza di rispettare i canoni del blockbuster che
soddisfi lo spettatore che ama essere stordito dagli effetti speciali visivi
e sonori e dall’altro la necessità di dover onorare l’alto riferimento
letterario e il suo gran numero di appassionati. Il tentativo limita già per
sua natura le ambizioni, ma non ne corrompe il risultato.
Voto: 24/30
23:10:2004 |