INSOMNIA
di Cristopher Nolan



Forse era lecito aspettarsi di piu' dal lavoro di Nolan successivo a MEMENTO, che ci ha viziati, solleticati, abituati a quell'infinita sedimentazione di biforcazioni [?], con un senso della deriva della scrittura ogni volta ripescata e rilanciata verso nuovi esiti, inerenti o meno il significato del film, sempre spiazzanti, sempre stimolanti.
Eppure INSOMNIA vive coraggiosamente la dannazione del secondo figlio, nel tentativo, riuscito, di sentire ancora la protezione della madre-MEMENTO, godendo peraltro dei benefici di un'indipendenza tutta maschile [leggasi Studios], che dovrebbe portare ad un'esistenza senza troppi problemi nell'universo delle sale mondiali.
Il che non assicura, al regista, di evitare gli strali della critica abituata al film precedente.
In Nolan c'è ancora, inattaccato e inattaccabile dalla critica stessa, il senso del percorrere sempre inversamente i luoghi delle logiche narrative consolidate, a costo, se funzionale al tutto, di far assomigliare alcune situazioni, qui centrali, a brandelli di altre opere [HEAT di Michael Mann?] o a non farci sembrare troppo sorprendenti ambientazioni che da alcuni anni fanno pensare regolarmente al Lynch di TWIN PEAKS e sono diventate dei topoi nell'area non limitata del thriller-horror di alto respiro [la provincia Americana dei nord inesplorati dalla cultura, o poco, cinematografica e non,; meglio : la miriade di minuscule cittadine dimenticate, che vivono sulla statica economia legata all'industria del legno e dei suoi derivati, addossate a un monte o stese accanto ad un fiume che scorre sempre raccontando qualche storia di cadaveri senza nome, entrambi -monte e fiume- evocative e necessariamente malati, male-detti].
Cosi` come non ci pesa l'ormai inevitabile circumnavigazione che lo sguardo del regista compie attorno alle isole morte delle vittime, da SEVEN in poi obbligatoriamente ingiallite, gonfie e acquose, o la teoria di piccoli "additivi" metallici che regolarmente le buca, o, ancora, i flash visivi improvvisi [ultimamente ne abbiamo visti centinaia in NAMELESS] disseminati subliminalmente lungo l'intera pellicola, quasi obbligatori ormai, forse figli dei videoclip - e non c'è niente di male in questo- ma spesso inessenziali, se non irritanti.
INSOMNIA rimane un bel film, un'opera dove comunque un paio di colpi di scena, anche se appena un po' anticipati rispetto ai tempi complessivi e al ritmo che prende dopo i primi 20 minuti, dicono delle capacità di Nolan di intendere la scena e l'ordito narrativo come un luogo multiverso e ipertestuale, dove, ad esempio, le antitesi e le contrapposizioni etiche -comunque feconde- di un Mann [HEAT/ INSIDER] o il suo disincanto, lasciano spazio ad un'ironia che è necessaria derivazione di quell'essere opera aperta, interrogativa e "nativa", per cui il castello di carta sempre ci cade tra le mani e ci lascia interdetti, ridicoli, convinti di non poter ambire allo scandaglio di certezze che non hanno luogo da nessuna parte, o di non poter ergere pilastri di saggezza, definitive verità. Quindi ci lascia capaci di solo ridere di noi stessi e di aspettarci ,
Domain, l'opposto di quello ch'è accaduto oggi.
Come dire Al Pacino [non si accettano piu' commenti superflui sulla di lui bravura zen] che accoppa l'amico nel biancore accecante di una nebbia messa li`apposta per dirgli quanto è poliziotto invecchiato e minacciato dal suo stesso dipartimento, di cui, sarà un caso, fa parte il collega colpito a morte; Pacino che, non te l'aspetti, punta all'autosalvaguardia e riannoda a suo vantaggio i fili di eventi professionali e di una sua personale strada morale, che stava per essere deriva. Pacino che viene ricattato dall'assassino di una ragazzina del luogo - ancora: sacchetti di plastica, ferrovia, discariche, ovvero Laura Palmer Revisited - che ha assistito all'errore "di caccia" in cui muore Hap. E che di costui diventa l'alter ego, la faccia finora inespressa di uno stesso Male, carico di rivincite, desideri di vendette.
Anche se osserviamo il tutto col ghigno preparato da infinite visioni di film con Pacino e aspettiamo il suo ghigno decolorato dall'età, e quindi seguiamo il film come un saggio di bravura di gruppo - un tocco Nolan, uno Robin Williams, uno il vecchio riccardo terzo italoamericano - ci piace comunque questo Male che fa autoanalisi al telefono, durante le conversazioni tra i due, questa specie di belzebu' postmoderno piu' a suo agio nell'illuminata terapia di gruppo agita da categorie umane che devono autoassolversi all'alba dell'infinita cattiveria dei primi anni del millennio. Pulirsi le mani comunque, come il Pat Bateman di Easton Ellis, come il controterrorismo a tavolino delle superpotenze "global", come l'Italia che inventa l'arte grafica delle impronte digitali. Per avere, appunto, mani senza macchia.
In INSOMNIA I segni non vanno via, nonostante I tentativi del detective e dell'assassino - scrittore, colto, che passa in varechina il sangue della donna ammazzata - ed è forse proprio su questa teoria dei SEGNI che si dovrebbe ragionare di piu', anche se non con la pervasività di MEMENTO.
Pacino è braccato, vuole evitare l'evidenza dei fatti che lo inchiodano, esattamente come teme la luce di zone talmente vicine al polo da tenerlo sempre sveglio, insonne, ed è ormai vicino allo zenith della propria storia, autore di un rendiconto che deve svolgersi eterotopicamente fuori dalle mura di casa, come gli animali che vanno a morire lontano.
Il film è in realtà tutto su di lui, dato Robin Williams come suo doppio.
La persona è una sola, il dramma quello dell'ammettere infinite debolezze, caverne piene di colpe e di dare senso ad un passato che vuole solo la parola fine.
E' solo divertente il giocare al gatto e al topo rovesciato, con R. W. che telefona all'altro mentre questi gli perquisisce la casa o gli manda contro la squadra investigative: quello che conta è il FINIRE di un uomo, di una forza incontrollata, che ha vissuto inconsciamente la propria natura di "male", coprendola con gli alibi della professione, arrivata al capolinea del chiedersi "chi sono?".
L'ironia aperta dei due opposti etici che vanno toccandosi in tutti noi, lascia spazio, alla fine, a questa tragedia dell'interrogazione e dell'identità [ecco allora che Nolan coglie ancora nel segno e siamo ancora dentro MEMENTO].
C'è anche, in tutto questo, Hilary Swank, il cigno -swan- bianco che sorvola la scena del crimine e serve a chiosare la storia con la dignità della risposta sospesa.

Voto: 29/30