INSIDE MAN

di Spike Lee
Con Denzel Washington, Clive Owen

di Gabriele FRANCIONI


Dalton Russell (Clive Owen in INSIDE MAN), come Ben Crowley (Nick Wade in SUCKER FREE CITY) e Ed Norton in 25th HOUR. Sono tutte autorappresentazioni della imbattibile volontà di Spike Lee di dare un senso etico-artistico alla propria arte.
Lee sarebbe stato Jimi Hendrix o Malcom X, in un'altra vita, ma dotato della capacità di sopravvivere benissimo all'interno del tritacarne mediatico-produttivo della cultura, anche se "alternativa", segnata, nel suo caso, da un punto di vista lucido e intransigente sui meccanismi di funzionamento deviato del potere bianco.
L'irrefrenabile, ma sicura e mai gratuita, vis polemica del regista di LOLA DARLING/ SHE'S GOTTA HAVE IT, s'incarna in corpi sempre diversissimi, quasi dei terminator della giustizia sporca, mai univoca e priva di ombre, macchie, avanzi di passato.
Dalton Russell è addirittura, o sembra essere, un terrorista che svaligia banche senza sottrazioni di denaro, violando un doppio codice: è fuori-legge, ma è al contempo fuori dal canone-legge che prevede la sottrazione di beni privati. Il suo scopo è più alto, sfuggente, significante.
La centralissima Manhattan Trust Bank di New York è presa d'assalto durante il pomeriggio di un giorno da cani sciolti e occupata da finti imbianchini (ennesima variazione sul tema del look nei caper-movie), ma la deriva del racconto è quella dello spaesamento delle indagini e dell'apparente assenza di senso dell'agire di Russell, che sembra scegliere percorsi alternativi rispetto alla comune logica criminale. Mira dritto al cuore nero del sistema, da disinfestare; dialoga coi bambini presi in ostaggio; evita lo svilimento dei patteggiamenti umilianti; agisce un'eversione che si maschera attraverso richieste ovvie (aerei per la fuga, caveau svuotati) e che invece nasconde il più classico dei sottotesti.
E, occorre rimarcarlo con soddisfazione, tale undertext passa inosservato agli occhi del giulivo pubblico americano: INSIDE MAN è il maggiore successo (assoluto?) al botteghino Usa da parte di Spike Lee, niente a che vedere con gli incassi dei bellissimi 25th HOUR o CLOCKERS.
Il nemico da battere, questa volta, è la banca, o almeno il suo incredibile cuore di tenebra, che affonda le radici nell'indicibile peccato originale di una Shoah sfruttata e monetizzata dal mesfistofelico Arthur Case (Christopher Plummer, presidente dell'istituto).
Il fattore tempo gioca un ruolo fondamentale, comprimendo ancor di più i ritmi narrativi del già cinetico regista afroamericano, poiché Russell detta le regole del gioco, e scompaginando l'orchestrazione della classica difesa-attacco da parte della polizia, sulla quale si spargono manciate di pesanti dubbi (anche Keith Frazier/Denzel Washington, che dirige le operazioni, gioca le sue carte per liberarsi di un passato poco chiaro).

Ma se in pellicole in qualche modo apparentabili ad INSIDE MAN (si pensi a SOLO DUE ORE con Bruce Willis) la dialettica nero/bianco si attesta su un livello medio di stereotipi e canoni attraversati in modo diligente ma abbastanza scontato, qui Lee allarga lo sguardo e ci dice di osservare ciò che accade intorno a noi, svolgendo ad aprendo una visuale a 360 gradi sulle etnie oggi impegnate su vari campi di battaglia, siano di guerra reale, di diritti violati, di difesa di culture.
Ecco allora il sikh preso di mira dai poliziotti solo per il colore della pelle e la caratterizzazione multietnica e policroma degli ostaggi: essi sono ovviamente le vittime di questi anni globalizzati e, non a caso, l'eroe rovesciato incarnato da Owen li veste con gli stessi indumenti dei suoi compagni, definendo una sorta di popolo contrassegnato dalle tute blu, che, una volta "liberato", sperimenta la persecuzione psicologica, fisica, verbale da parte dell'ordine costituito, quasi a sottolineare la ripetibilità "all around" dell'Olocausto, dove, ora come allora, sono sempre le diversità a essere combattute e, in ultima analisi, sterminate.
Tutto il film ha l'asciuttezza di una recita teatrale, fatti salvi i piani ravvicinati e le esigenze di un montaggio serrato, dove il palcoscenico è la lugubre (o)scenicità dell'architettura bancaria, quasi un Louvre belfagoriano, morgue tragica dove i soldi sottratti ai morti parlano e chiedono vendetta, facendo le veci di quelli e, volendo, costituendosi a mo' di coro muto, mentre il pubblico va identificato nelle figure che agitano la strada (gente comune, subalterni del potere), piena di domande apparentemente senza risposta.
Viene in mente UN POMERIGGIO DI UN GIORNO DA CANI, dove il privato diventa pubblico e il tono amaro e dolente lascia posto all'invettiva e alla speranza di cambiamento.
Mentre, rimanendo nell'ambito della produzione lee-ana, siamo sempre e imbattibilmente dalle parti del ragionamento sulfureo sulla coesistenza delle razze.
SUCKER FREE CITY e INSIDE MAN sono due capolavori simili e diversi, che dimostrano come la lezione cormaniana (attenzione: Spike Lee è stato allievo di Martin Scorsese ed ha appreso anch'egli il Verbo tanto caro a Jonathan Demme, tanto per citare solo un altro allievo della factory) sia stata e sia tuttora fondamentale per un cinema democratico ma schieratissimo a sinistra, che mira sempre al cuore del potere e capace di utilizzare la sottotestualità come un codice segreto destinato a essere decrittato.

Un modo di fare cinema, quello cormaniano, che insegnava a saper fare tutto e bene, dal documentario al b-movie, dal blockbuster al corto.

In questi ultimi anni proprio Lee, Scorsese e Demme ci hanno regalato alcuni meravigliosi e concretissimi esempi di tale massima: THE AGRONOMIST, THE BLUES e SUCKER FREE CITY, che nasce come un reportage per la cable-tv su San Francisco, sul versante documentaristico; TRUTH ABOUT CHARLIE/MANCHURIAN CANDIDATE, GANGS OF NEW YORK/THE AVIATOR e INSIDE MAN su quello dei film ad alto budget.
A fare da ulteriore tratto comune alle pellicole citate, poi, il ruolo sempre fondamentale della musica, che stratifica altri messaggi, altro testo.
Da sottolineare, per il resto, la paradossalmente straordinaria prova attoriale di Owen, capace di stare sempre in primo piano seppur mascherato.

Voto: 30/30

09:05:2005

inside man

Regia: Spike Lee
Anno: 2006
Nazione: USA
Data uscita in Italia: 07:04:2006
Genere: Thriller