Ci sono dei momenti in cui alcune personalità bastano a
coprire decenni di vuoto. Persone che riportano il valore antropologico di
un popolo a quello che è il suo istinto naturale. L'istinto naturale degli
italiani, degli italiani migliori intendo è quello della curiosità, della
diplomazia, della pietà. è
bello pensare che in questi 20 anni di decadenza becera ci si possa
ricordare che l'Italia è stata il primo paese a scoprire il celeste impero
nel medioevo e che lo fu anche durante il maoismo, non grazie al suo
governo, ma grazie alla curiosità di uomini semplicemente curiosi e vitali.
Lo furono Marco Polo, Matteo Ricci, Tiziano Terzani.
Il film ripercorre la memoria del grande giornalista toscano attraverso gli
ultimi giorni trascorsi a parlare con il figlio Folco (che è anche uno degli
autori della sceneggiatura). Non ha paura della morte, ha un'idea molto
chiara di cosa sia una famiglia, ha sviluppato una coscienza morale più
ampia delle insignificanze dei destini umani e sente l'esigenza di
trasmettere a suo figlio alcuni dei suoi momenti più importanti.
Fino a qui tutto bene insomma..un grande personaggio, di cui un paese, una
cultura ha il dovere di andare fiera. Ma perché invece il film non funziona
davvero? Perché lo si vive come se fosse un film indirizzato ad un pubblico
scolastico? Forse perché non si comporta davvero come un film. Non si può
prendere un grande attore come Bruno Ganz e sperare che la sua
interpretazione basti, come non si può pretendere che Elio Germano,
indiscusso talento, possa completare il cerchio. Il problema del film non
sta negli attori a mio modo di vedere, ma nella didascalicità della storia e
nella sua totale mancanza di un senso della visione, di un senso del
racconto per immagini e non per parole. Quando leggevamo Terzani, capivamo
altre parti di mondo, le vedevamo con la nostra immaginazione attraverso la
parola scritta. In questo film non vediamo nulla se non due grandi attori
fare delle espressioni riuscite. Mi dispiace, ma dal punto di vista
strettamente filmico questo film è davvero poco riuscito, poco interessante,
poco avvincente, poco... troppo poco.
Ma perché, dannazione, perché non c'è davvero nulla che vada oltre le
parole, le facili inquadrature di solitudine (Dio mio, il vecchio morente
che guarda la pioggia dalla finestrella della sua piccola casa), la messa in
scena prevedibilissima? Penso che dipenda dal fatto che Jo Baier sia un
regista che quelle esperienze non le ha vissute. Non dico le stesse... mi
chiedo se sia mai andato anche solo per un mese con lo zaino in spalla verso
l'ignoto, mi chiedo se sia mai stato con un santone indiano, se abbia mai
visto una rivoluzione in atto. O se abbia un incontrollabile delirio di
onnipotenza alla Herzog. Penso che il vecchio Werner avrebbe dato a questo
film ben altra dimesione. Avrebbe dato una visione, che poi è quello che il
cinema deve fare, ma qui di visionario non c'è davvero nulla, è una delle
regia più insignificanti che abbia visto ultimamente. Davvero, per fare un
bel film due bravi attori e una bella storia non bastano. Ci vuole molto
altro.
Voto: Tiziano Terzani 30 e lode
Film in questione: 22/30
08:05:2011
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