la fine è il mio inizio
di Jo Baier
con Bruno Ganz, Elio Germano

di Giorgio CARELLA

 

22/30

 

Ci sono dei momenti in cui alcune personalità bastano a coprire decenni di vuoto. Persone che riportano il valore antropologico di un popolo a quello che è il suo istinto naturale. L'istinto naturale degli italiani, degli italiani migliori intendo è quello della curiosità, della diplomazia, della pietà. è bello pensare che in questi 20 anni di decadenza becera ci si possa ricordare che l'Italia è stata il primo paese a scoprire il celeste impero nel medioevo e che lo fu anche durante il maoismo, non grazie al suo governo, ma grazie alla curiosità di uomini semplicemente curiosi e vitali. Lo furono Marco Polo, Matteo Ricci, Tiziano Terzani.
Il film ripercorre la memoria del grande giornalista toscano attraverso gli ultimi giorni trascorsi a parlare con il figlio Folco (che è anche uno degli autori della sceneggiatura). Non ha paura della morte, ha un'idea molto chiara di cosa sia una famiglia, ha sviluppato una coscienza morale più ampia delle insignificanze dei destini umani e sente l'esigenza di trasmettere a suo figlio alcuni dei suoi momenti più importanti.
Fino a qui tutto bene insomma..un grande personaggio, di cui un paese, una cultura ha il dovere di andare fiera. Ma perché invece il film non funziona davvero? Perché lo si vive come se fosse un film indirizzato ad un pubblico scolastico? Forse perché non si comporta davvero come un film. Non si può prendere un grande attore come Bruno Ganz e sperare che la sua interpretazione basti, come non si può pretendere che Elio Germano, indiscusso talento, possa completare il cerchio. Il problema del film non sta negli attori a mio modo di vedere, ma nella didascalicità della storia e nella sua totale mancanza di un senso della visione, di un senso del racconto per immagini e non per parole. Quando leggevamo Terzani, capivamo altre parti di mondo, le vedevamo con la nostra immaginazione attraverso la parola scritta. In questo film non vediamo nulla se non due grandi attori fare delle espressioni riuscite. Mi dispiace, ma dal punto di vista strettamente filmico questo film è davvero poco riuscito, poco interessante, poco avvincente, poco... troppo poco.
Ma perché, dannazione, perché non c'è davvero nulla che vada oltre le parole, le facili inquadrature di solitudine (Dio mio, il vecchio morente che guarda la pioggia dalla finestrella della sua piccola casa), la messa in scena prevedibilissima? Penso che dipenda dal fatto che Jo Baier sia un regista che quelle esperienze non le ha vissute. Non dico le stesse... mi chiedo se sia mai andato anche solo per un mese con lo zaino in spalla verso l'ignoto, mi chiedo se sia mai stato con un santone indiano, se abbia mai visto una rivoluzione in atto. O se abbia un incontrollabile delirio di onnipotenza alla Herzog. Penso che il vecchio Werner avrebbe dato a questo film ben altra dimesione. Avrebbe dato una visione, che poi è quello che il cinema deve fare, ma qui di visionario non c'è davvero nulla, è una delle regia più insignificanti che abbia visto ultimamente. Davvero, per fare un bel film due bravi attori e una bella storia non bastano. Ci vuole molto altro.
 

Voto: Tiziano Terzani 30 e lode
Film in questione: 22/30
 

08:05:2011

la fine è il mio inizio

Regia Jo Baier
Italia / Germania 2010, 98'

DUI: 01/04/2011

Biografico