INCROCIO D’AMORE
di Yee Chih-yen
con Guey Lun-mei, Chen Bo-lin, Liang Shu-hui


Presentato al festival di Cannes del 2002 nella Quinzaine des Réalisateurs, l’ultimo film di Yee Chih-Yen, intitolato Incrocio d’amore, è stato oggetto di una accesa discussione riguardante gli adolescenti. Anche il film precedente, Il club dei cuori solitari, affrontava i problemi della gioventù. È questo infatti il tema che l’autore ha trattato e che prende spunto da sue personali riflessioni ed esperienze. Le ultime battute del film sono tratte da una lettera che il regista aveva scritto ad un suo amico, vero ispiratore di questa storia. Il film narra di Kerou, una liceale di 17 anni la quale, come altre ragazze della sua età, è alla ricerca di se stessa. Nella stessa scuola studia Shihao, l’idolo di tutte le ragazze e Yuezhen, la migliore amica di Kerou. Yuezhen è innamorata di Shihao, il quale però non pensa che al campionato di nuoto. A causa della timidezza di Yuezhen, Shihao e Kerou inizieranno ad uscire insieme fino a quando lei confiderà al ragazzo il suo più grande segreto. E’ così che i due inizieranno a crescere insieme, prendendo consapevolezza delle cose importanti della vita. Il regista, laureato a Taiwan in letteratura occidentale e poi diplomatosi in cinema all’UCLA californiana, è oggi tra i registi più attivi di Taiwan, soprattutto nella pubblicità. Questo film non ha nulla di pubblicitario e tende invece a sottolineare le capacità artistiche dell’autore. Frutto di quattro anni di lavorazione, tra il reperimento dei fondi, la sceneggiatura ed i provini durati circa un anno, Blu Gate Crossing (questo il titolo originale del film), si impone per la sua verosimiglianza e per la vicinanza al mondo degli adolescenti. A confermarlo il fatto che per alcune scene il regista ha chiesto l’approvazione dei suoi giovani interpreti, quasi tutti alla loro prima esperienza cinematografica. I gesti, le parole, i silenzi di questi giovani che stanno iniziando a scoprire il mondo, non possono non ricordarci noi stessi e le nostre paure di ex adolescenti. E’ importante notare come il regista riprenda i giovani sempre in inquadrature statiche, tranne quando questi hanno a che fare con il mondo che li circonda. Vediamo Shihao correre in bicicletta in un cameracar ma per tutto il resto del film la macchina da presa di Yee Chih-Yen indugia sui volti, mezze figure e totali come a voler sottolineare la mancanza di dinamismo nelle vite di questi adolescenti. Così il movimento dello sguardo dello spettatore/narratore/macchina da presa, si fa metafora del contenuto della narrazione, trasponendo in quadri immobili la difficoltà a muoversi degli adolescenti e portando un eccesso di dinamismo laddove domina invece la società che si è già evoluta, la società degli adulti. Gli adulti in questo film sono assenti e dove li vediamo operare, svolgono mansioni di organizzatori della società nella quale i nostri protagonisti sono incasellati. In breve i giovani sono trasportati dalla società ma non sanno ancora scegliere. Quando poi pensano di aver preso delle decisioni, non sono sicuri neanche di quelle. E’ questo in fondo il mondo degli adolescenti, un limbo di insicurezze utili, che lentamente avvicina alla necessità di scegliere come fa Kerou nei confronti di Shihao. Altresì interessante risulta la scelta del finale. Un finale che nega la crescita, la maturazione, la fine del conflitto. Un finale che rappresenta solamente l’inizio della presa di coscienza. Il regista ci ha fatto rivivere i momenti più intensi della nostra adolescenza ed è come se ci dicesse che andare oltre sarebbe troppo, sarebbe scontrarsi con le certezze che sopraggiungono, con le necessità che si fanno strada, con le sconfitte che conosciamo benissimo. Yee Chih-Yen preferisce di gran lunga continuare a farci sognare, piuttosto che lasciarci ai successi o agli insuccessi, preferisce mostrarci il purgatorio dell’adolescenza piuttosto che le atrocità di un inferno o peggio ancora l’inesistenza di un paradiso in terra. Ciò non toglie che il finale in questione lasci lo spettatore perplesso rispetto quelli che sono i parametri del racconto cinematografico. Pur avendo assistito alla crescita di un personaggio, torniamo a casa senza raccoglierne i frutti. Non sappiamo cosa farà nella vita. Ma il messaggio saggio ed ironico del regista è proprio questo: è meglio che non lo sappiate.

 

 

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Voto: 26/30

Fabio SAJEVA
16 - 04 - 03


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