il respiro

di Alex Rupp

documentario

  di Gabriele FRANCIONI

 

29/30

 

Stazione Termini: snodo per un cambiamento di stato

(Immagini di folla anonima)

 

Il momento più alto della Mostra 2011 sta nello spostarsi tra sala Pasinetti e Sala Volpi e nello spostarci dentro l’universo temporale di 50 o 40  anni fa, che lì viene rappresentato. Riguardando le sculture visive di  Alberto Grifi, Carmelo Bene, Romano Scavolini, Axel Rupp e Mario Carbone risulta chiara l’assoluta inutilità del cinema italiano contemporaneo. Non si tratta di mettere in contrapposizione presunta attitudine sperimentale del passato e vuoto creativo ormai lungo quasi quattro decadi dei prodotti commerciali, ma di capire le logiche sottese a un progetto (eversivo) di annullamento della coscienza collettiva di un popolo, ormai ridotto a frattaglia morale ed estetica di qualcosa che non esiste più.

Come suggeriva ieri pomeriggio Sokurov nel suo incontro con il pubblico: è importante scegliere bene come “impiegare due ore della propria vita”, quindi è opportuno evitare il cinema italiano contemporaneo.

Saltare a piè pari Comencini e, semmai, guardare “Anna” di Grifi e i cortometraggi di Axel Rupp, che ci rimandano un lavorio intellettuale indefesso e l’entelechica volontà sovvertitrice dell’“esistente” di un’intera generazione d’Illuminati ormai scomparsa, anche se poche ore fa Marco Bellocchio, ricevendo il Leone alla Carriera, ci parlava delle sue eversioni.

Chi è sopravvissuto, sostiene Bellocchio, ha deposto le armi, ha tolto il proiettile dalla pistola, ma le tracce di una rivoluzione rimasta incompiuta sopravvivono e hanno l’aspetto fantasmatico di un video restaurato.

Come i pochi minuti de IL RESPIRO - immagini di folla anonima vicino alla stazione Termini, riprese da Axel Rupp, misterioso e affascinante filmaker veronese - che valgono più d’intere “carriere” di spoiled brats fischiati in sala (QUANDO LA NOTTE).

In forma di semplice e tautologico scorrere di immagini-tempo, montate come in THE CLOCK (Leone d’Oro alla Biennale di Arti Visive), sono assemblati i minuti di vita.

O con tecnica burroughsiana, che in sala-montaggio (CUT-UP) acquista una valenza di apertura e libertà.

Sono immagini stocastiche, lanciate in aria e ricucite, dove la profondità di campo non esiste ma è restituita sub specie di profondità di tempo.

Corpi afoni e di passaggio, provenienti da uno spazio datato, cioè dotato di precisa indicazione temporale (giorni di giugno 1964), e già abitanti il non-spazio della morte cui quasi tutti (quelli che vediamo) sono stati nel frattempo consegnati.

Non essendo attori professionisti, rientrerebbero in un luogo oscuro, un limbo opaco senz’aura, lontani dalla dimensione del ricordo, ma il lavorio meticoloso di Rupp li ipostatizza e li salva per sempre dall’oblio.

Queste figure “anonime”, tolto il sonoro e in assenza di voice over, raccontano storie nette di ruralità in transizione incerta verso l’Italia industrializzata, tutta presa dal saliscendi dell’emigrazione interna, Sicilia-Roma-Torino: Termini è, quindi, snodo fondamentale di passaggio, quasi centro e fulcro di un cambiamento di stato (sociale e psicologico), che trasformerà per sempre questi individui e una nazione.

Allora comunque coesa, compatta come uno scintillante frigorifero Rex  o una magnifica Fiat 600, che attraversa il nostro sguardo durante IL RESPIRO.

 

09:09:2011