
Se
Eyes Wide Shut esibiva un sottotesto sul valore del denaro come mezzo
di autocertificazione sociale, senza interferire con gli altri livelli del
racconto, Il costo della vita
sceglie invece un approccio didascalico e prevedibile al tema, conferendogli
un’evidenza ed una iper-esposizione prive di zone d’ombra: nell’epoca
dell’Euro, avari e prodighi devono correggere il tiro ed espiare le proprie
colpe passando attraverso la catarsi necessaria che li porterà ad
abbandonare le varie forme di dipendenza dalla ricchezza.
Tutti i personaggi, tasselli di un mosaico che va costruendosi non senza
difficoltà (qualcuno viene momentaneamente dimenticato per strada, altri
meriterebbero maggiore sviluppo, come il manager afflitto da varie
patologie), passano inevitabilmente attraverso crisi di rapporti umani
malati, perchè basati esclusivamente sulla nevrosi dell’interscambio
denaro-affetti.
Mercanteggiare in presenza dell’amore non paga e le crisi vengono
puntualmente risolte rinnegando se stessi, ma senza scavare nelle profonde
motivazioni di quella altrimenti inestricabile dipendenza.
Voto: 20/30
30.05.2004
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