
La pellicola di Ang Lee dividerà in due:
per alcuni sarà un bidone – o fuori metafora, una cazzata pazzesca – per
altri un capolavoro. Non so dove si posizioneranno i cultori del fumetto,
considerando che Lee (Ang, non Stan) si è preso parecchie licenze poetiche –
tanto che la serie TV del ‘77 rimane la più fedele allo spirito e alle
caratteristiche del personaggio – ma è certo che dal punto di vista
semiotico questo film risulta al momento la trasposizione più simile al
narrare per immagini tipico del Fumetto. Non siamo né dalle parti di DICK
TRACY, portato sullo schermo da Warren Beaty nel 1991, e a mio avviso
sottovalutato, né dei vari SPIDERMAN, BATMAN, DAREDEVIL o di JUDGE DRED (a
proposito, quello è il primo film in cui si passa, nei titoli di testa, per
le tavole dei Marvel Comics). Gli stessi XMEN sono più un prodotto del
Singer autore che trasposizione filmica tout court dei personaggi di
Stan Lee. In THE HULK, per la prima volta in un film di questo genere, le
varie sequenze, grazie ad un uso accurato di splitscreens e di dissolvenze
digitali (in cui proprio le immagini si trasformano in altro per adattarsi
all’inquadratura successiva – come quando nelle tavole dei fumetti il
disegno sfora e finisce nella vignette precedente, o magari soprastante)
scorrono sullo schermo come l’occhio sulla pagina di un comic book. Nella
stessa inquadratura diversi splitscreens ci mostrano la stessa sequenza ma
da vari punti di vista; ad un tratto sembra quasi di percepire un rapido
sfogliare di pagina. Da questo punto di vista Ang Lee è riuscito a
trasportare la lettura del fumetto nella visione del film: perciò,
capolavoro o cazzata tremenda che sia, mi sembra che si possa recuperarlo
almeno dal punto di vista semiologico di lingua e parol. Ma
aldilà degli splits che riproducono le vignette su vignette del fumetto, c’è
poco altro da dire. Lee (Ang, questa volta), ha voluto dare una spiegazione
scientifica alla nascita di Hulk risalendo all’infanzia del piccolo Bruce
Banner: il padre (interpretato da Nick Nolte, ormai alla frutta, temo)
dedito ad esperimenti genetici su se stesso che in pratica hanno lo scopo di
verificare quanta energia possa assorbire un corpo senza conseguenze (o così
pensa, il poverino) trasmette al figlio la propria mutazione genetica. Così,
quando l’adulto Eric Bana viene investito dai raggi gamma, la mutazione
trasmessa dal padre lo salva (la scarica di energia ucciderebbe infatti
chiunque) ma va a scombussolargli un po’ l’adrenalina. Altra differenza
sostanziale è che qui Hulk cresce, letteralmente, (ma che marca di pantaloni
elasticizzati usa, sto incazzoso ragazzo?) e se andate a vedere il film
capirete cosa intendo. Insomma, ennesima pellicola che poteva essere un bel
film di fantascienza d’autore (parliamoci chiaro, ma è davvero lo stesso Ang
Lee di BANCHETTO DI NOZZE, MANGIARE BERE UOMO DONNA e LA TIGRE E IL
DRAGONE?) e che invece è il solito fracassoso blockbuster, peraltro
pretenzioso (non crederete alla palla che vuole affrontare il tema del
conflitto generazionale padre e figlio come ho letto da qualche parte?)
dall’ovvio finale aperto (sarebbe stato Incredibile il contrario).
Uscirete dal cinema con una certa malinconia per il fumetto (di cui ricordo
benissimo la frase “Sto.. per.. diventare… HULK!”) e per gli occhi luminosi
di Bill Bixby della serie TV, prima che facesse la sua comparsa il verde Lou
Ferrigno con nasone, parrucca e pantalone attillato.
Sito ufficiale:
http://thehulk.com
Su KMX:
Giuseppe CRUDO alla
sezione saggi
Altro link:
http://www.stradanove.net
Voto: 24/30 per lingua e parole
Voto: 05/30 per la
fedeltà al fumetto
25.07.2003
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