In
genere si dice squadra che vince non si cambia. E qui lo staff è rimasto lo
stesso, persino Quentin Tarantino figura ancora come produttore esecutivo.
Stesso paesino sperduto della Slovacchia. Stesso ostello. Anche i babykiller
non mancano all’appello. Eppure è cambiata la tattica. Eli Roth è passato
dallo splatter senza compromessi all’apologo grottesco. Come Sam Raimi con i
primi due episodi de LA CASA - scusate se il paragone è indegno - si è
passati dal cupo horror asfittico e senza speranza, alla farsa
grandguignolesca farcita di momenti comici e di sarcastiche prese in giro
del capitalismo. Direi che siamo passati dall’austerità in stile Tobe Hooper,
all’horror a tema di Joe Dante, purtroppo girato con ammiccamenti da popcorn
horror per teenager.
Funziona abbastanza bene l’inserimento della prospettiva dei carnefici.
Vengono suggerite le motivazioni che inducono loro a salutare mogli e figli
e recarsi fino al club che ha per simbolo un bracco.
è molto divertente la
sequenza dell’asta telefonica tra miliardari di tutto il mondo per
aggiudicarsi la vittima più ambita, montata con tono sarcastico in split
screen in puro stile anni ’70, come tanto piace a Tarantino, ma nello stesso
tempo è il simbolo di un tono eccessivamente leggero, che non permette la
crescita della suspance in attesa delle sanguinolente sequenze finali.
Inoltre, risulta sbagliato il meccanismo di identificazione con le giovani,
e in parte ingenue, ragazze protagoniste, perché risultano talmente odiose
che, sapendo già la fine che le aspetta, non si vede l’ora di togliersele di
torno. Tanto per cominciare la Matarazzo, brava almeno negli altri film, è
talmente ingenua e ridicola che sembra esserselo meritato. La bionda del
gruppo è talmente disinibita che prima o poi le sarebbe capitato comunque
qualcosa. Infine la protagonista brunetta, battuta all’asta al prezzo più
alto dai membri dell’Elite Hunting, è così arrogante che genera subito
antipatia, anche se si riscatta in parte per l’inatteso e “doloroso”
prefinale.
Altro segnale di cattivo gusto per chi cerca un deciso tuffo nell’horror, ma
una chicca da non perdere per chi cerca la follia alla John Waters, è il
cameo di Ruggero Deodato (indimenticabile regista di CANNIBAL HOLOCAUST),
novello Hannibal Lecter chirurgo, buongustaio e appassionato di musica
classica. Da segnalare, ancora in puro stile revival anni ’70, il cameo di
Edwige Fenech, insegnante d’arte nello sterile prologo romano.
Voto: 17/30
25:06:2007 |