VENEZIA.66

 

the hole

di Joe Dante
Stati Uniti 2009, 98'

 

Fuori Concorso

 

30/30

BACK HOLE SON.
The Basement Tapes.
 

Joe Dante è sempre stato il regista ossessionato dal “behind”, dal celato carico di paure ataviche o contemporanee (come quelle per possibili guerre nucleari in epoca di “cold-war”) che si nasconde dietro/oltre/sotto la soglia del visibile, ma non del conoscibile. Averlo incontrato più volte, ci ha fatto capire alcune cose dell’inventore di GREMLINS: Dante, come Carpenter, ha portato dalla cantina alla soffitta il bagaglio di paure che la sua generazione ha tentato di elaborare. Fuor di metafora, ha fatto salire, col tempo, il livello del suo scandaglio, passando dalle esercitazioni scolastiche in caso di bombardamenti - i famosi “three minutes to midnight” citati da Carpenter nel ’99 a Torino - alle casualities of war e ai bombardamenti veri del conflitto iracheno (HOMECOMING).

Come dire che, per crescere, era necessario preservare l’attitudine alla Paura e l’occhio incontaminato del non-adulto, in modo da predisporsi verso un Reale che cambiava, come il bambino di fronte al disvelarsi di un universo contaminato.

Dante è ancora oggi un bambino travestito da adulto, uno small soldier contrario alla guerra e possiede, in forma più essenziale e meno edificante e/o conciliatoria, l’identico tocco spielberghiano nell’affrontare l’universo infantile.

Come tale - in quanto bambino cresciuto in grado di porsi a mo’ di storyteller per gli adulti, invertendo l’ordine della Conoscenza - registra come un sismografo gli impercettibili cambiamenti della società americana e su essi calibra la propria arte.

 

Prima dell’era-Bush - eravamo a Locarno, sempre nel 1999 - potevamo parlare con tranquillità di SMALL SOLDIERS e di apprendistato cormaniano, anche se il titolo di quel film sembrava anticipare gli orrori dell’amministrazione repubblicana.

Nel 2004 e 2007 ne avevamo notato il disincanto, che aveva portato ai due capolavori della serie MASTERS OF HORROR, e anche la poca fiducia nella possibile elezione di Obama o Clinton.

Le cose cambiano, thank God, e il sismografo, insieme al bambino sempre sveglio, si sono riattivati, accendendo in Dante il desiderio di concedersi una vacanza da progetti indipendenti e radicali.

 

In questa occasione il sismografo ha registrato un cataclisma che inverte simbolicamente il disastro di Katrina, perché la salita al potere (mondiale) di Obama è a tutti gli effetti la contro-onda abbattutasi sulle miserie e l’ignoranza della maggioranza provinciale dei bianchi americani lontani dai centri delle coste occidentale e orientale.

Il nostro regista è tornato a sperare e a indossare il miglior ottimismo a disposizione: quello attento e serio di chi ha comunque passato la sessantina e si è definitivamente sganciato, se non altro, dal mélange anarcoide di THE MOVIE ORGY (grazie a Muller per averlo riportato in vita, dopo Locarno, anche a Venezia 66).

 

HOWLING/HOLE

 

Naturalmente THE HOLE è molto di più di un semplice ritorno alla grande produzione, dopo Masters Of Horror. Il regista, come la maggioranza degli Americani, si trova nelle condizioni della protagonista del seminale THE DESCENT di Neil Marshall (Venezia, 2005): seminale almeno per la resa drammaturgico-visiva dell’inconoscibile che ci minaccia dallo spazio profondo sotto di noi.

 

Discesa/nel/Buco

 

Il trauma della guerra in Iraq, come la perdita della figlia e del marito all’inizio di DESCENT, impongono un’elaborazione del lutto che non sia solo, o non tanto, quella “vacanza” post-obamiana cui s’accennava (VACANCY è anche il film sceneggiato, come THE HOLE, da Mark L. Smith: il miglior horror estivo degli ultimi cinque anni).

Come afferma Dante in una recente intervista, “le mie paure peggiori non sono ancora finite”, citando la campagna pubblicitaria per THE HOWLING (1981).

Nonostante HOMECOMING, il lutto va scandagliato, non è tempo di rituffarsi nel vuoto pneumatico di nuovi anni ’80, a loro volta successivi al Vietnam.

Lo stato di guerra è ormai una condizione permanente e la strada indicata dal regista è che i primi a doversi confrontare con questa condizione e quella elaborazione, sono i giovani, ovvero i mistificatori delle guerre con l’X-BOX,  i potenziali possessori di armi, i possibili nuovi stragisti in stile Colombine, anche se fratelli minori di qualche ragazzo morto combattendo con, in mano, qualcosa di diverso dal joystick.

 

Come un romanzo di formazione, THE HOLE pone i ragazzini di fronte a un microcosmo in crisi (non come quello borderline di Solondz, ma sempre pieno d’insidie): scendere nel buco del seminterrato, come la Sarah di the DESCENT nella grotta, è un momento di crescita necessaria.

Il padre è in prigione e il nucleo familiare è stato costretto a trasferirsi, con tutti i problemi di ambientamento che questo comporta nella crudele provincia wasp.

 

THE HOLE è un horror psicologico e il perfetto romanzo di formazione che si diceva.

Seguendo la traccia indicata da Dante, e da Smith, siamo ancora lontani dalla mezzanotte, ma questa è sicuramente l’ultima estate da non-adulti per i protagonisti del film.

Educativo senza essere moralista, THE HOLE si riallaccia, come THE DESCENT, all’horror che esplora i recessi dell’unheimlich, ma non a-specifico o atavico, bensì calato nella quotidianità articolata e drammatica che i teenager devono affrontare.

Le urla (howlings) o i rumori  che arrivano dal buco (hole) sono moniti, sono sferzate portate sulla schiena di una x-generation (o “no-generation”) indifferente di fronte al potere devastante delle armi, virtuali o meno che siano.

 

Il 3-D, poi, al di là dell’appeal promozionale, è uno straordinario espediente per veicolare il ribaltamento di sguardo che Dante inserisce nel suo meccanismo narrativo: dopo l’allegria allucinatoria dei primi esperimenti nelle sale degli anni ’50 o il mezzo fallimento di quelli tentati negli anni ’80, le tecnologie digitali consentono oggi di piegare il mezzo a scopi diversi dal semplice coinvolgimento emotivo dell’audience.

Modulando i software in maniera appropriata, si può (ed è quello che Dante fa nel film) ENTRARE nello spazio filmico scavando una doppia profondità che ci proietta fisicamente dentro lo schermo e, al contempo, ci avvicina ai personaggi e al loro processo di crescita.

Il cinema in 3D ora ha un senso e ciò concede anche qualche possibilità in più a chi spera di poter contenere i danni nella battaglia contro il downloading.

Indimenticabile Bruce Dern, brava Teri Polo e ben diretti i ragazzini, con alle spalle una discreta serie di apparizioni in college movies.

 

09:09:2009

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Venezia, 02/12 settembre 2009