himizu

di Sono Sion
con Shôta Sometani, Fumi Nikaidô

e con Tetsu Watanabe, Mitsuru Fukikoshi

  di Paola Alioto

 

30/Lode

 

Sumida Yuichi  (Sometani Shôta) è un giovane studente con il sogno di diventare un “uomo ordinario e normale”. La sua speranza è di riuscire a vivere un'esistenza tranquilla, senza creare disturbo ad alcuno. Vive nel centro di noleggio barche della sua famiglia. La sua compagna di classe Chazawa Keiko (Nikaidô Fumi) ha una cotta per lui e tenta in ogni modo di farglielo capire, nonostante l'atteggiamento burbero e infastidito del ragazzo.

La famiglia di Sumida non è la rappresentazione dell'unione parentale: la madre è una donna che trascura il figlio e finirà per abbandonarlo – lasciandolo solo e senza soldi - per scappare via con il suo amante; il padre, poi, non è da meno della figura femminea. Andato via da casa da molto tempo, vi fa ritorno solo quando è ubriaco e necessita del denaro. Il sostantivo che meglio indica il rapporto che ha con il figlio è Violenza: “strumento comunicativo” che si esplica sia in maniera verbale (maledicendo puntualmente l'esistenza del ragazzo, rinfacciandogli che avrebbe fatto meglio a morire molto tempo prima, permettendogli così di intascare i soldi dell'assicurazione), sia in modo fisico (pugni, schiaffi, percosse date con la veemenza di un spirito malvagio). Ma una notte la situazione precipita: al cospetto di un padre per l'ennesima volta ancora “out of his mind”, Sumida, non riuscendo più a sopportare quegli “stupri”, a contenere la rabbia e la tristezza, si avventa su di lui e lo uccide. Rendendosi conto che non potrà più diventare ciò a cui aspirava - “normale e ordinario” - il giovane è ossessionato dal desiderio di punire le persone potenzialmente malvage e gradualmente precipita nel mondo della disperazione e della follia. Sarà grazie a Chazawa e alla sua “dedizione” verso Sumida se il nero che opprime l'esistenza dell'adolescente svanirà.

Basato sul manga Himizu di Furuya Minoru del 2001 - è la prima volta che Sono sceglie una sceneggiatura da un'opera già pubblicata -  il film è ambientato nel Giappone distrutto dallo tsumani dell'11 marzo c.a. (un ambiente nuovo rispetto a quello del manga originale).

Per il regista, il testimoniare lo stato di confusione – morale e psicologica – del post-disastro, diventa quasi un obbligo civile.

Al processo di “rinascita” - tanto dei giovani quanto del paese che, metaforicamente è rappresentato da Sumida – contribuisce un piccolo gruppo di homeless che accompagneranno i due giovani in un viaggio al di fuori delle macerie, verso un futuro migliore, fatto dei sogni che Sumida e Chazawa possono e devono continuare a fare perchè dalla loro hanno l'innocenza che li rende in grado di immaginare scenari “idilliaci”. E allora, ecco che la ristrutturazione della Boat House di Sumida si erge a luogo simbolo del rinnovamento, in contrapposizione con la baracca trascinata dallo tsunami nell'acqua, in un continuo e costante processo di rimembranza e confronto con il passato.

Tra tutti i film di Sono Sion - Suicide Circle, Noriko's Dinner Table, Strange Circus, Love Exposure, Cold Fish, per citarne alcuni - questo è sicuramente il più intimo.

Il ritratto di un'umanità dimenticata, abbandonata, confinata a un piccolo angolo di mondo raccoglie in sé il senso vero dello stato della tragedia. Il futuro è in mano ai giovani, ai quali spetta il compito di risollevare le sorti di un paese la cui identità nazionale sembra essere andata via in frantumi. All'interno della dialettica passato/presente/futuro, Sono Sion colloca tutti i protagonisti di questo delicato affresco della labilità e della purezza dei sentimenti: il gruppo di barboni è la rappresentazione di un Giappone vecchio che, davanti alle difficoltà, si arrende, china la testa e chiede perdono e assoluzione - significativa in merito è la scena di Yoruno (interpretato da un camaleontico Watanabe Tetsu) che dopo aver portato al cinico e spietato yakuza Kaneko (Denden) il denaro necessario ad annullare il debito contratto dal padre di Sumida, invece di mostrare un atteggiamento di sicurezza, si inginocchia ringraziando ripetutamente il boss per la (finta) clemenza ricevuta.

Sumida vuole diventare un uomo rispettabile, seppur viva in una società nella quale la violenza regna incontrastata. Ad aiutarlo nel processo di “rinascita” saranno anche i versi tratti da una poesia di  François Villon consigliati dalla giovane Chazawa. Nelle parole “conosco tutto tranne me stesso” c'è nascosto un imperativo alla felicità!

La scena finale (con Sumida e Chazawa che corrono gridando “Non mollare, Sumida!”) ha sullo spettatore un impatto emotivo estremamente forte. Quel “Non mollare, Sumida!” è un urlo di esortazione rivolto al Giappone; è l'incoraggiamento a dimentare il passato e guardare verso il futuro, verso la propria unicità.

 

06:09:2011