Prodotto da Sting con la moglie Rudie Styler
A Guide to Recognizing your Saints è un film autobiografico in cui il regista Dito Montiel racconta la
sua giovinezza per le strade del Queens a New York. Il non senso della
violenza fine a se stessa, surriscaldata da un tasso emotivo devastante,
fanno del film un tortuoso e pure affascinante viaggio attraverso l’inferno
dei ricordi.
Le memorie della sua giovinezza iniziano a riaffiorare da quando Dito mette
piede nel suo quartiere di origine, tenta di ricucire la sua relazione con
il padre e incontra i suoi ‘saints’, i pochi amici di infanzia che sono
adesso in prigione o morti. Dal momento in cui Dito si ritrova calato negli
stralci di vita vissuta che gli hanno dato forma, un improbabile insieme di
personaggi si schiude nel caldo afoso di quella lontana estate del 1986. Tra
questi Laurie, la compagna di Dito, Mike O’Shea, uno scozzese trapiantato
con un nome irlandese che sogna di diventare una Punk Rock Star, Giuseppe,
un infaticabile, distruttivo e forse anche mentalmente instabile componente
della gang di Dito e l’indimenticabile Antonio, il migliore amico di Dito
dal padre violento.
“It was the worst of times” dice l’autore, e questo è ciò che riassume il
tutto. Violenza senza riserve, abuso di droga, sessualità aggressiva e
sistematica rottura delle norme sono fatti all’ordine del giorno per Dito e
i suoi amici. Senza che ne abbiano la minima consapevolezza però. Del suo
bighellonare per le strade, rovistare nell’immondizia, tacchinare ragazze e
maltrattare immigrati il giovane Dito (Shia La Beouf) dice, "This is
heaven". Ma il punto di vista spesso si confonde per il salto temporale che
presiede allo sdoppiamento del protagonista tra giovane incosciente e adulto
consapevole: il film intervalla lunghi flashbacks di quell’estate del 1986
al giorno presente, quando Dito ritorna a casa dopo quindici anni per
affrontare il suo padre severo, in fin di vita.
Dal punto di vista dietetico la narrazione è difatti gestita sulla base di
due plots che si intrecciano insieme. In uno, abbiamo ritorno a casa in cui
Dito si riunisce coi vecchi amici e la famiglia. Nell’altro, Dito rivive
nella mente una lontana estate calata in un passato fatto di con gangs
rivali, conflitti con il padre e primi amori; quella estate in cui la
scoppiettante energia portata dall’arrivo di uno studente dalla scozia fa
capire a Dito che c’è di più nel mondo che il suo piccolo quartiere; quella
stessa estate fatale che lo ha portato a scappare da New York per la
California dove è diventato scrittore di successo. Se il culmine di violenza
emotiva e fisica di quel lontano 1986 aveva portato Dito alla fuga per non
dover affrontare il presente, il suo viaggio presente è un viaggio
emozionale che lo porta finalmente ad affrontare le sue paure di infanzia.
Ci sono stati tanti film sul superamento dell’adolescenza, tanti da non far
sentire la necessità di uno nuovo, ma questo rappresenta un esempio
tipicamente ascrivibile al genere ed allo stesso tempo una riproposizione
assolutamente originale e in chiave intimistica del tema delle gangs nelle
metropoli americane. Quella sovrabbondanza di spunti visivi al limite della
confusione, quel compiacimento nell’uso della soggettiva da una macchina da
presa morbosamente attaccata ai personaggi, più che ingenuità di un
esordiente alla regia – come gran parte della critica ha giudicato –
andrebbero allora visti come effetti voluti a ricreare lo stato di
confusione tra memoria e rivisitazione presente del ricordo. Assolutamente
azzeccata in questo senso la colonna sonora, curata dal co-produttore
Jonathan Elias, avvolgente, trascinante e ricercata al punto giusto nello
stile di una produzione indipendente.
Voto: 27/30
09:09:2006
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