
In seguito all’assegnazione di un incarico presso una villetta
dall’immancabile aspetto sinistro, una studentessa americana che vive e
lavora in Giappone si ritrova coinvolta in una catena di sparizioni e morti
violente precedute da inquietanti manifestazioni soprannaturali. Costretta
dalle circostanze ad interessarsi al caso, la ragazza scoprirà che i fatti
sono legati ad una maledizione generata da un fatto di sangue, e sarà
costretta ad affrontare l’orrore in prima persona per sperare di avere salva
la vita.
Dopo i consensi riscossi dovunque da THE RING, del quale è da tempo in
preparazione un sequel, e l’acquisizione dei diritti di THE EYE,
l’inarrestabile industria dei remake d’oltreoceano è tornata a pescare nel
panorama dell’horror orientale. A finire nel mirino è toccato stavolta non
ad una singola pellicola bensì ad un’intera saga, intitolata JU-ON, composta
da due mediometraggi televisivi e da due film per il grande schermo che in
Italia si sono visti presso alcuni festival prima di approdare parzialmente,
in seguito a scadenti operazioni di doppiaggio, al mercato
dell’home-video e al circuito delle pay-tv. Sotto l’egida di Sam Raimi, il
regista nipponico Takashi Shimizu si cimenta per la quinta volta col
medesimo soggetto, ma quanto vi sia di suo è in questa occasione ben
difficile da stabilire: nelle mani dello sceneggiatore Stephen Susco, la
storia ha infatti subito modifiche radicali che ne hanno smorzato l’impatto
in maniera notevole. Ambientato incredibilmente nello scenario originale, ma
coi personaggi principali rimpiazzati dai volti più rassicuranti di note
star americane (oltre a Sarah Michelle Gellar, inguardabile in tutti i
sensi, ci sono anche il veterano Bill Pullman ed il giovane Jason Behr), il
nuovo copione rinuncia volutamente a ricreare l’atmosfera livida e
squisitamente onirica dei modelli per amplificare, calcando eccessivamente
la mano, i rimandi ai vari RINGU di cui una volta tanto sarebbe stato meglio
fare a meno, e le classiche scene ad effetto basate su letali presenze che
si annidano dietro angoli ed anfratti scuri, fonte inesauribile di sobbalzi
sulla poltrona se proposte in maniera adeguata, ma destinate alla lunga a
cadere nel vuoto quando, come in questo caso, non vengono sapientemente
dosate. Sicuramente felici di essere stati ancora una volta abbindolati con
un surrogato nettamente inferiore agli originali, nel quale ogni singolo
risvolto della trama viene (banalmente) spiegato per filo e per segno non
lasciando spazio alcuno all’immaginazione, e lusingati forse dalle
commoventi premure della censura, che pare abbia eliminato dalla versione
definitiva quasi cinque minuti ritenuti inadatti agli animi sensibili, gli
spettatori americani sono accorsi entusiasti, procurando ai produttori
sostanziosi incassi ed incoraggiandoli ad annunciare immediatamente un
inevitabile seguito; il pubblico europeo, da parte sua, si sta già
preparando a seguire nuovamente l’esempio. Missione compiuta, e arrivederci
al prossimo remake: Hollywood ha colpito ancora.
Voto: 20/30
29:11:04
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