
Dire che Le Grand Bleu è un film sul mare è davvero dire
tutto. E' comunque una risposta per coloro che si chiedono come un lavoro
un po' datato e cinematograficamente non memorabile rimanga a tutt'oggi
un autentico film di culto per un'intera generazione. O almeno per coloro
che hanno potuto vederlo all'estero, o in cassetta, o in DVD, dato che
il film è stato interdetto alle sale italiane per ben quattordici
anni, bloccato da una spinosa querelle giuridica fra Luc Besson ed Enzo
Maiorca, che ha accusato il regista di aver falsato la sua immagine (e
con essa l'italianità stessa), a cui è ispirato l'omonimo
personaggio del film.
Solo la morte dell'altro grande protagonista, Jacques Mayol, ha potuto
porre fine alla questione, permettendo finalmente la proiezione della
pellicola nelle sale italiane, non senza alcuni tagli alle scene "incriminate".
Besson pensò fin dall'inizio Le Gran Bleu come appassionato gesto
d'amore verso il mondo dell'immersione in apnea, che egli stesso aveva
praticato agonisticamente, e, più in particolare, verso i suoi
due più importanti protagonisti, proprio gli Enzo (Maiorca) e Jacques
(Mayol) che si contesero il primato mondiale per quasi vent'anni, e precisamente
tra il '65 e l'83, quando Mayol ne uscì infine vincitore con l'incredibile
primato di -105 metri. Le vicende del film ripercorrono questa decennale
tenzone fin da un' immaginaria infanzia dei due protagonisti su un'isola
greca, dove sono già antagonisti, per natura e per scelta. Enzo
(Jean Reno), l'italiano tutto istinto, donne, fumo e alcool, e Jacques
(Jean-Marc Barr), il filosofo, l' asceta, l'uomo-delfino, il miracolo
fisiologico. Ad unirli in una immortale amicizia, naturalmente, sono le
grandi profondità marine, il mistero del Grande Blu, che Besson
traduce in una fotografia spettacolare, senz'altro l' elemento del film
che ha resistito meglio al passare degli anni.
A questo si aggiunga il tradizionale fiuto del regista nello scovare
talenti attoriali di grande carisma, come Reno, principalmente, ma anche
come il fascinoso Jean-Marc Barr, che, pur piegati allo scontro retorico
di apollineo versus dionisiaco, ben evocano il fascino della follia cieca
e un po' santa degli apneisti trascinati nelle profondità marine
da una misteriosa passione, insondabile ai più quanto la fossa
delle Marianne. In questo milieu un po' fumettistico si trova perfettamente
a proprio agio anche la figura di Johana, la fidanzata, eterna infelice,
di Mayol, interpretata dall'altrettanto eterna imbranata Rosanna Arquette,
che assisterà impotente (e in silenzio, nella versione non doppiata
penosamente in italiano) alla fuga finale del suo uomo fra le braccia
del grande amore, il profondo grembo del mare. E' l'ultima immersione
di Jacques alla scoperta di un segreto insondabile in cui vita e morte
si confondono, in cui le parole finiscono e in cui, per chi è iniziato,
vi è la possibilità di superare il proprio limite, quello
dell'umano.
".Sai cosa bisogna fare per vivere nel mondo delle sirene? Devi
scendere in fondo al mare, molto lontano, così lontano che il blu
non esiste più, laddove il cielo non è che un ricordo. E
quando sei là, nel silenzio, ti fermi, e se decidi che vuoi morire
per loro e restare con loro per l' eternità, allora le sirene vengono
verso di te, a giudicare l'amore che gli offri. Se è sincero, se
è puro, allora ti accoglieranno per sempre."
(Jacques Mayol).
Le ragioni per amare Le Grand Bleu, nonostante i suoi difetti, dunque,
non sono molte, ma ben definite: un film sul mare, per chi ama il mare,
niente più. E non è dir poco. Piccarda di Montereale
VOTO: 26/ 30
|