
GHOSTS OF MARS è senz'altro un "film alla Carpenter".
Purtroppo però, lo è nel senso meno interessante, perché
è come se l'avesse girato uno dei suoi tanti imitatori/discepoli.
Sparsi, ci sono un po' tutti gli elementi che ne hanno fatto un maestro,
ma è come se mancasse la vera forza che faceva di film come LA
COSA o FOG qualcosa di più rispetto ad un film di genere. Anche
qui - come sempre in Carpenter - l'uomo è cinto d'assedio, ha perso
il controllo di quanto gli accade, e non ha più difese sociali
né culturali di fronte alle sue paure peggiori: prima di tutte
quella di morire. Bene e male, al solito, si scontrano, per quanto questa
volta non abbiano nulla a che vedere con la netta distinzione tra legge
e disordine: poliziotti e criminali sono uniti contro un esercito di demoni
guerrieri, risorto a difesa di un pianeta e di una realtà in cui
- non come in tanto cinema vicino alla fantascienza - sono gli umani ad
essere gli invasori.
Fatte queste premesse - senz'altro buone, almeno sulla carta - bisogna
poi tener conto delle sensazioni che il film riesce effettivamente a trasmettere:
molto sembra già visto (e non certo perché, in fondo, GHOSTS
OF MARS è una specie di centone di tutta la filmografia carpenteriana),
e laddove ci si aspetterebbe di cogliere l'essenza di ciò che si
racconta (vedi il terrore "semplice", ma assoluto di HALLOWEEN,
LA COSA e THE FOG), si finisce per trovarsi dall'altra parte di quel lieve
confine tra sublime e il dimenticatoio. Il make-up, la morfologia e l'insistito
primitivismo scelti per la rappresentazione degli alieni non hanno alcuna
potenza visiva e perfino le mitiche musiche di Carpenter sembrano un po'
troppo di maniera.
Quello di Carpenter viene come ultimo di una serie di film su Marte, inaugurata
un anno fa dal De Palma di MISSION TO MARS e passata per Val Kilmer e
PIANETA ROSSO. In più, però, c'è stato PITCH BLACK,
forse il migliore tra gli ultimi titoli del genere, per quanto non strettamente
"marziano". E la trama di GHOST OF MARS è molto simile
a quella del film con Vin Diesel (non ultima per la presenza di un personaggio
come James "Desolation" Williams, figura di nero dall'aspetto
granitico ma dall'intelligenza più acuta di quanto potrebbe sembrare),
ma qui finiscono le analogie, in quanto FANTASMI DA MARTE non ne conosce
la medesima purezza, fatta di archetipiche esperienze quali la paura del
buio, dell'ignoto e la selezione naturale, ma rivisitate senza cliché.
In più, la scelta di Marte non appare molto funzionale ad una vicenda
che lì viene ambiantata solo con il pretesto di una Terra sovrappopolata
e che necessita di nuove colonie: da lì non arrivano minacce, né
le condizioni di vita sono più così diverse da quelle del
nostro pianeta. E' vero: forse il regista di DISTRETTO 13 (la cui trama
losangelina è stata ripresa qui quasi per intero) aveva in mente
proprio questo: la natura umana non muterà mai; ma nonostante ciò
ci sembra che ridurre Marte ad puro fondale sia quantomeno un'occasione
sprecata, specie alla luce dei molteplici significati - anche metaforici
- che in sessant'anni di fantascienza quel pianeta ha sempre avuto per
l'uomo; valori che, giocoforza, hanno subito, anche alla luce del progresso
tecnologico, nuove influenze, tutte da indagare.
Voto: 26/30
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