FULL FRONTAL
di Steven Soderberghn



Un regista sopravvalutato, che vive di alterne fortune, come diretta conseguenza di un talento ancora tutto da verificare, spesso espressosi attraverso una serie di prese di posizioni tra l`estetico e l`ideologico, che hanno la programmatica capacita' di produrre irritazione, come tutti coloro che sentono la necessita' di farsi notare per il loro personale e transitorio dogma del momento [ che cosa era, se non questo, SEX LIES AND VIDEOTAPES ?] ed evitano di confrontarsi con le regole interne alla scrittura e alla direzione di attori, sedimentate lungo piu' di un secolo. Cannes fu molto benevola con quel film, secondo una prassi tipicamente francese, fatta d'innamoramenti e amour fou incontrollati, necessitanti indispensabili fasi revisionistiche, e altrettanto lo sono stati pubblico e stampa [ internazionali? solo americani? ] con la seconda carriera di un enfant prodige mai nato. TRAFFIC, OCEAN'S ELEVEN e questo FULL FRONTAL, infatti, non dimostrano un bel niente, se non una vaga capacita' di confondere le idee con espedienti mai strutturali, con trovate irritanti e un eclettismo sintomo di persistente mancanza d'ispirazione. Come si possa gridare al miracolo per le 4 tonalita' cromatiche legate a distinte situazioni e personaggi in un discreto film come TRAFFIC o per il divertente cast di OCEAN'S ELEVEN, rimane un mistero assoluto, nascosto all'interno delle perverse logiche produttive degli studios americani. A nostro parere, un regista che completa il suddetto terzetto di pellicole col precedente OUT OF SIGHT [.....], manca proprio di un'idea personale del cinema. E cio' che nega o pretende di negare con FULL FRONTAL, andando a zonzo con una stradigerita videocamera a mano, e' qualcosa che andrebbe invece combattuto con le sue stesse armi: costruzione, fatica, e poi magari contestazione dall'interno di questa gabbia concettuale e pratica con la quale tutti lavorano. L'ennesimo film nel film, la contrapposizione da asilo nido di pellicola [ appunto il film "vero" ] e formato anomalo povero e ruffiano [ l'aggancio intelligente al mondo reale delle star e di altre figure ], rappresentano il modo intollerabile con cui hollywood si mette a posto la coscienza, lavandosi ogni tanto le mani con escursioni estemporaneee nei territori della logica indipendente e del cinema "sperimentale". Tiene banco, invece, un calibratissimo e disonesto controllo dei materiali messi in campo, a partire da una iper-scrittura lungamente limata a tavolino, che vuole spacciare improbabili anomalie sociali [ il tizio che vive la vita con addosso il mantello del conte Dracula, l'attore che per fedelta' ad un suo "metodo" recitativo diventa Hitler nell'irritante accumulo di scene dedicate alla pie'ce teatrale, i test attitudinali inventati dalla yuppie Keener, in crisi esistenziale alla soglia dei quaranta, la tortilla alla marijuana mangiata dal cane... ] per la normalita' agghiacciante che un illuminato intellettuale ha il coraggio di ritrarre con la benevola ironia di chi non si erge a emettere giudizi, conscio come e' del fatto che "siamo tutti tragicamente uguali in questo underworld dopo l' 11 settembre". Come dire: attenzione, siamo in crisi, la morale americana e un senso della vita radicato nei principi della conquista e della difesa di tale conquista, lasciano il passo ad una deriva dei sentimenti e dei pricipi, che azzererebbe il senso di minimale solidarieta' tra esseri umani, se non sapessimo ridere di noi stessi e di questi comrades appena piu' sfortunati di noi che li raccontiamo sullo schermo - NOI che siamo il regista acclamato di Beverly Hills, cui un'operazione del genere costa la fatica di una circumnavigazione del proprio isolato [ perche' non mi parli in digitale di South Central Los Angeles? Perche' non ti sporchi le mani un pochettino? ]. Personalmente mi sono alzato e sono uscito dalla sala, mentre mi girava in testa l'idea di quanto siano ingenui gli americani, convinti veramente di fare Cultura quando si allontanano due minuti dall' hortus conclusus degli studios e, insieme a cio', quanto ridicolo sia il complessivo scopiazzamento di Altman e American Beauty messo in atto da questo strano personaggio dal viso e dallo sguardo inquietanti, cui qualcuno ha deciso di assegnare l' Oscar poco tempo fa.

Voto: 21/30

GABRIELE FRANCIONI
26 - 09 - 02


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