Aronofsky ci ha regalato immagini indimenticabili nei suoi precedenti film,
storie originali, vicende surreali, apologhi pregni di significati.
Purtroppo anche alcune immagini di quest’ultimo saranno difficili da
rimuovere, ma lo si vorrebbe fortemente. Innanzitutto si avrebbe bisogno del
dottore di SE MI LASCI TI CANCELLO per eliminare la visione della bolla
galleggiante, dentro la quale, come in un souvenir, il protagonista Hugh
Jackman levita tra i fiocchi di neve; poi il manoscritto della moglie del
protagonista, di fronte al quale lui si addormenta e noi spettatori tutti
seguiamo il suo esempio; e poi ancora le armature luccicanti dal gusto
kitsch dei conquistadores spagnoli in lotta con le popolazioni
precolombiane.
In effetti c’è di tutto in questo film, ma avremmo gradito molto di meno.
Uno scienziato sta cercando una cura per il cancro e il suo obiettivo è
tutt’altro che universale, perché lotta contro il tempo dedicandosi anima e
corpo al lavoro per salvare la moglie malata terminale. Il libro di
quest’ultima, una favola sulla colonizzazione di civiltà perdute, fa vivere
il protagonista in mezzo a durissime battaglie, novello Aragorn o redivivo
Wolverin. Tra violenze immaginate in un passato lontano e tensioni vissute
in un presente dalle atmosfere glaciali, si inserisce, come il colore in un
film di Buster Keaton, un ipotetico futuro dove il nostro protagonista,
solitario e rasato a zero, abbraccia un albero forse simbolo della vita
eterna, parla con le sue foglie forse reincarnazione della moglie defunta,
galleggia nello spazio ultraterreno forse simbolo di una vita dopo la morte.
Il desiderio di un regista che vuole lasciare lo spettatore libero di
interpretare quello che vede è legittimo e molti grandi autori ne hanno fato
il cavallo di battaglia a partire dal sommo Lynch e dai suoi film “da
percepire” più che da capire. Ma almeno bisogna catturarlo questo spettatore
e non respingerlo, rendendo fastidioso ogni stacco, cambio di scenografia, o
inserimenti di suoni e luci in movimento come fossimo davanti ad uno
screensaver del computer.
Dall’autore dello splendido π – IL TEOREMA DEL DELIRIO, con un budget
abbastanza elevato e due attori di fama mondiale (di cui Rachel Weisz anche
fresca vincitrice dell’Oscar) ci si aspettava molto di più. Invece, anche
volendo soprassedere sulle iperboli visive, a livello narrativo latita
l’originalità di una storia che si svolge su più piani temporali nel terreno
del fantasy (LA STORIA INFINITA non necessitava di un seguito new age), dove
il protagonista trova la cura per il cancro in un raro vegetale di un posto
lontano (almeno gli intenti ecologisti di MATO GROSSO erano chiari e
onorevoli), dove le battaglie all’arma bianca non possono ispirarsi al
SIGNORE DEGLI ANELLI se non sono in grado di reggerne il confronto, dove non
si può terminare un film con un uomo in una bolla nello spazio se non ci si
chiama Stanley Kubrick e si è preparata quella scena dopo le due ore sublimi
di 2001 ODISSEA NELLO SPAZIO.
Voto: 17/30
09:09:2006
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