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La finestra di fronte è un film sulla memoria,
sul tempo che passa ma i cui accadimenti ci fanno compagnia per il resto
dei nostri giorni. Se dovessimo fare un paragone, partendo dalle tematiche
affrontate, ci viene in mente Una giornata particolare. Anche in questo
film la diversità si nasconde tra le mura di una casa qualsiasi
in un giorno qualsiasi. Ozpetek affronta la storia con uno stile leggero
nonostante l’incipit aggressivo dell’inizio, utilizza la struttura del
giallo e così la storia d’amore resta a fare da sfondo ad una normalità
che tutto sommato non è niente male. Raoul Bova è credibile
nei panni del futuro dirigente di banca e disegna una goffaggine quotidiana
senza calcare la mano. Giovanna (Mezzogiorno) è la donna sposata
che lavora e pensa ai figli, la quale, grazie agli insegnamenti del vecchio
saggio Davide, riesce a capire cosa vuole veramente dalla vita. Filippo
(Nigro) è il marito di Giovanna che nonostante non sia bello come
il dirimpettaio tentatore Lorenzo (Bova), gioca con i bambini facendosi
licenziare e passando da un lavoro all’altro. Un’interpretazione che dona
un tocco di realismo senza scampo è quella dell’amica di Giovanna
interpretata dall’inimitabile Serra Yilmaz, la quale incarna i luoghi
comuni, il cinismo e la visione superficiale della vita che Giovanna non
vuole abbracciare. Alla fine del film Giovanna sembra essersi riconciliata
con la vita. Ma lo è anche lo spettatore? Lorenzo parte per la
sua nuova vita da dirigente lasciandosi alle spalle la storia con la donna
che spiava e dalla quale veniva spiato. Davide è il personaggio
più sofferente in quanto ha perso per sempre il suo amore, si è
macchiato di un omicidio, ed aver riacquistato la memoria, di conseguenza,
non deve essere proprio una cosa piacevole. Filippo è il personaggio
che rompe la monotonia romantica del film con uno spaccato di realtà
lacerante, un uomo che rappresenta la massa, gioca con i figli con la
play-station e piange perché sente di essere tra gli ultimi. Molto
toccante è la passione di Davide per i dolci ed il regista si sofferma
parecchio su di essi. Tutto l’amore che non è riuscito a comunicare,
Davide lo mette nei suoi manicaretti che sono un vero e proprio inno alla
vita. Interessanti sono i riflessi dei personaggi che si spiano attraverso
le finestre, i quali mettono in evidenza la natura speculare della storia.
Così come Davide ha dovuto rinunciare al suo amore, Giovanna rinuncia
al suo. Se la protagonista pensava di essere la sola a spiare Lorenzo,
scopre di essere oggetto di osservazione da parte di lui. Il carrello
iniziale è prevedibile in quanto abbiamo visto la mano ed il personaggio
appoggiarsi al muro. Lo sguardo in macchina finale ci sembra ostentato
in maniera fin troppo sfacciata, nonostante gli occhi bellissimi dell’attrice
protagonista e la morale riconciliante. Particolarmente ben riuscite sono
le scene surreali durante le quali i ricordi di Davide si fondono con
la realtà presente, tra le strade del ghetto. Un buon compromesso
che evita di abusare di troppi flashback, lasciando lo spettatore in un’atmosfera
di sospensione che è proprio il sentimento portante di questo film.
In quei momenti il tempo si ferma, riaffiora il passato, il quale fondendosi
al presente dichiara la sua paternità e sparisce subito dopo lasciandoci
orfani di una memoria da ricostruire. Così la sospensione, che
in tutti i sensi resta come cifra narrativa e stilistica, lavora dentro
di noi ponendoci continue domande sul film, sui personaggi e di conseguenza
sulla validità delle nostre scelte. Un ottimo film che lascia però
l’amaro in bocca con dei personaggi in bilico sul filo di una vita sempre
più precaria, costellata di facili tentazioni alle quali non cedere
è sempre più difficile. La filosofia del cinema che non
fa sognare ma che ripresenta la realtà tale e quale se la trova
di fronte, è vincente in Italia. In the mood for love all’italiana. |
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Fabio
Sajeva |
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