FEMME FATALE
di Brian De Palma
con Rebecca Romijn-Stamos



Il film che De Palma presenta fuori concorso alla 55' edizione del Festival di Cannes è bellissimo e puro, saturo e compiaciuto della sontuosità della forma e dell'intellettualismo del contenuto, teoria pura, il cinema secondo i canoni del Maestro che da sempre si ispira, emula e ricompone ad unità, nelle sue opere, i guizzi del genio del thriller e padre dello stesso genere: Sir Alfred Hitchkock. L'attesa, l'emozione, l'ansia di vedere disvelato in un particolare il disegno più ampio sono gestiti da mani sapienti ed ingegno rapace che manipola, predispone elementi contraffatti, distrae dal nodo focale e sorprende proprio quando l'attenzione è meno pronta a penetrare gli indizi della soluzione. La meraviglia di un Cinema fatto con l'arte del pensatore ed il mestiere dell'artigiano, di chi non lascia nulla all'improvvisazione, di chi medita ogni singola immagine per farne tassello inconfondibile nella trama definitiva, ha trovato in De Palma qualcuno capace di sostituire con ciò che appare ciò che, in realtà, è o potrebbe o dovrebbe essere in una, dieci, cento rappresentazioni parallele mai uguali l'una all'altra. Il gusto dell'inquadratura ardita, perspicace, acuta, una costruzione tecnica che è parte della narrazione sostanziale, un montaggio che spacca lo schermo in due tronconi narrativi mostrando quello che l'occhio del voyeur percorre e quello che colui che è guardato fa, con un uso della soggettiva che è ansiogeno ed al tempo stesso esaltante, tipico del cinema di Hitchkock ed Orson Welles. Citazione fine, autocitazione compiaciuta, celebrazione dell'eleganza del dettaglio e costruzione articolatissima di un plot che è la manifestazione fisica degli spettri della mente e delle proiezioni dell'inconscio. Un avvio godibilissimo sullo sfondo del Festival di Cannes 2001 esalta l'anima thriller della pellicola che punta decisamente verso il genere Spy Story o, comunque, Action alla Mission Impossible ma, poi, improvvisamente, vira verso lidi più torbidi ed ambigui accarezzando, esaltando, iconizzando una protagonista femminile stupenda ed ironica, tentatrice e buffa il cui viso si vede, per la prima volta, dopo 15 minuti di proiezione, mentre si esibisce in uno spettacolo di seduzione omosessuale eccitante e sensualissimo. Lo scopo è rubare dei diamanti di valore inestimabile incastonati nella guepierre dell'amante di un famoso regista in concorso al Festival. Il modo è quello di sedurre la stellina nel bagno delle signore e spogliarla letteralmente di gioie, grazie ed onore. Un incidente di percorso causerà una serie imprevedibile di conseguenze su cui si innesteranno le divagazioni onirico-psicologiche del regista che approfitterà di qualsiasi scusa, occasione, appiglio per confondere, colpire, costruire, argomentare e sostenere, con tutto il suo genio, la sua visione particolare e privilegiata della realtà e soprattutto della realtà di chi, guardando, vede non visto. La tematica del voyeurismo, infatti, oltre che sfacciatamente portata avanti con l'insersione, ad hoc, tra i personaggi del film, del solito fotografo tanto caro al Michelangelo Antonioni di Blow Up, capace di cogliere col suo obiettivo, per intuito o per caso, il momento giusto, è latente ed incombe per tutta la pellicola in cui lo spettatore si sente sempre nella condizione di chi spia dal buco della serratura, di chi, come creatura invisibile che si intromette nell'altrui intimità, può cogliere ciò che le maschere del vivere sociale e delle convenzioni sciolgono in menzogna e recitazione. La trama è un mero incidente dell'opera complessiva, un fitto intreccio di fantasie che si liberano senza bisogno di giustificazioni, l'inserzione sull'elemento razionale dell'ispirazione ondivaga e fluttuante, la dispersione dell'immagine in decine di rivelazioni oniriche. Difficile catalogare questa esibizione di stile e purezza in un genere definito e, tantomeno, valutarla con gli strumenti della critica.. Brian De Palma può piacere o meno, secondo il parametro del gusto soggettivo di ciascuno spettatore, ma il suo Cinema è Arte vera, è l'ironica manifestazione del talento che trabocca in genio, e questo film, speciale e nervoso, va preso come un assioma indimostrabile, qualcosa che, forse, può non colpire tutti ma che quando coglie nel segno lo fa ardendo di un marchio impresso a fuoco nella carne.

Voto: 24/30

Elisa SCHIANCHI
24 - 05 - 02


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