
Vera storia di Andrej Romanovic Cikatilo,
qui chiamato Evilenko (McDowell). Seconda metà degli anni ottanta. In un
paese al confine fra Russia e Ucraina un maestro elementare, dopo decenni di
obbediente dedizione all’insegnamento e al regime comunista, uccide e mangia
più di cinquanta fra bambini e adolescenti di ambo i sessi. Un giovane
magistrato (Csokas) si metterà sulle sue tracce.
Non era facile fare un film noiosissimo con una premessa del genere, potendo
contare su una delle figure in assoluto più inquietanti del secolo scorso.
Ma David Grieco, giornalista alla sua prima regia e autore anche
dell’adattamento dal suo libro "Il comunista che mangiava i bambini", sembra
proprio esserci riuscito.
Il cinema italiano, malgrado qualche isolato vagabondaggio al confine dei
b-movie da parte di autori (Argento, Bava, Fulci) che si sono interessati ai
generi più disparati, non ha mai vantato una vera tradizione di film
giallo-thriller, soprattutto se lontani dal modello americano. Di certo, non
ci si aspettava che fosse Grieco ad inaugurarla. Ma rispetto a quest’opera
straordinariamente priva di climax, anche maldestri tentativi recenti, come
ad esempio quelli di Infascelli, sembrano quasi dei capolavori. E di mero
thriller ci ritroviamo a parlare, perché se pure questo poteva - e forse
voleva - essere un film sulla fine del comunismo, sulla follia di un
individualismo per troppo tempo represso, persino il racconto dal sapore
vagamente viscontiano di un uomo sorpassato dalla propria epoca, i
riferimenti storici qui appena abbozzati sono pretestuosi e didascalici, i
risvolti psicologici schematici, quando non ridicoli. Davvero una delusione
se si considera che l’autore ha dedicato tanto tempo della sua attività
giornalistica al personaggio in questione, di cui, alla fine del film,
sapremo poco o nulla di più.
Così, non ci rimane altro che la solita indagine sul solito serial killer. E
non si potrebbe immaginare indagine più confusa e meno coinvolgente, con
personaggi tirati via come lo psicologo omosessuale che entra e esce dalla
vicenda senza cambiare nulla o la moglie ottusamente devota del mostro, che
vedremo impassibile dal primo interrogatorio alla cattura finale. Il tutto
condito da una regia che nei momenti migliori è semplicemente impersonale,
ma che in altri sfiora l’imperizia tecnica, con una cinepresa che si
allontana dal volto dei protagonisti proprio quando potrebbe catturarne una
pallida emozione e si dispone con un’angolazione che lascia perplessi
durante alcuni controcampo che volevano avere un ritmo serrato. E’
apprezzabile la scelta di non ostentare eccessiva violenza, ma se mancano
strumenti più raffinati per provocare un brivido nello spettatore, allora lo
sforzo si rivela inutile.
Ma se Grieco non è Demme, il suo Evilenko (un McDowell perennemente
imbambolato) non è certo Hannibal Lecter, e quando questo tenero pensionato
seduce la vittima di turno grazie al suo sguardo “ipnotico”, il film da
scialbo si fa imbarazzante.
Un esordio disastroso di cui non si avvertiva il bisogno, e che
probabilmente non merita neanche una prova d’appello.
Voto: 3/30
21.04.2004
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