el sicario, room 164

di Gianfranco Rosi

documentario

di Marco GROSOLI

 

30/30

 

Below sea level, di un paio di anni fa, aveva portato alla ribalta il nome di Gianfranco Rosi, che conferma con quest’ultima prova di essere un documentarista di altissima levatura.

Protagonista è un efferato sicario professionista messicano, per anni a servizio di un’imponente organizzazione criminale locale, imponente almeno quanto basta per controllare tutta la polizia e tutto il potere politico “ufficiale”. Lui stesso, peraltro, è stato (come moltissimi “colleghi”) reclutato dalla malavita proprio perché usciva dall’accademia della polizia e dunque già adeguatamente qualificato. Egli si racconta, lungo tutto il film, proprio nella stanza di motel nella quale ha perpetrato alcuni dei suoi omicidi e delle molte sessioni di tortura di cui si è macchiato negli anni. Non si esce mai di lì, se non con qualche breve inserto sui luoghi menzionati dal sicario, come a dire che ciò che si racconta “esiste”, ed è confinato in un “là fuori” che non cessa di esserci e di persistere, di “premere” sul racconto.

Egli si racconta con la testa coperta da un velo nero, e con in mano un quadernetto che ricopre di schizzi e di schemi per chiarire meglio quello che dice. Rosi si concentra sul suo volto coperto e sul suo quadernetto, mostrando di avere perfettamente chiaro dove fosse il punto della questione. Da una parte c’è una verità “eccessiva” (perché traumatica e violentissima, perché indica la perdita totale della distinzione tra l’ordine costituito e la criminalità eccetera) e dunque impossibile da rappresentare. Dall’altra parte, ci sono mezzi di rappresentazione che, di conseguenza, non possono non manifestare la propria inadeguatezza: è il quadernetto fittamente ricoperto di segni.

Poi, la svolta. Verso la fine del film, il tono della voce si fa più rotto e commosso, i segni sul quadernetto più fitti e nervosi (la sagoma standard dell’”omino” comincia ad affollare sempre di più i suoi fogli): il sicario si incammina a grandi passi verso la trance mistica. Sì, perché si avvicina all’evento che gli ha cambiato la vita: la conversione al cattolicesimo, in seguito alla quale la sua vita è cambiata, e si è volta al Bene. Lo dice lui stesso: tutto cominciò quando si accorse che stava strozzando la moglie nel sonno. Lo dice lui stesso: una mano non sapeva più quello che faceva l’altra, la coscienza e l’inconscio (drogato), il pensiero e l’azione, procedevano su binari distinti.

Poi, appunto, la folgorazione. E con la folgorazione i due piani non possono non mescolarsi, ritornare in contatto. Rosi fa proprio questo: l’irrappresentabile non è più confinato nell’irrappresentabile, ma passa ora nei mezzi inadeguati di rappresentazione; l’eccesso non è più al di là, ma è una scossa energetica che percuote l’”al di qua” sullo schermo, la voce e il quadernetto, la stessa scossa energetica che lui vide al momento decisivo sfogarsi in una chiesa attraverso i fedeli in piena luce.

In questa conversione c’è una vita intera. E Rosi non poteva trovare modo migliore di renderla che questo piccolo, decisivo slittamento nel dispositivo di rappresentazione da lui messo in opera.

 

11:09:2010